Storia

La corsa del ricordo: le foibe e i crimini dei partigiani comunisti di Tito

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È partita l’undicesima edizione della Corsa del Ricordo (www.corsadelricordo.it. L’evento, iniziato a Roma a febbraio, e ha previsto  una partenza alle 9:00 da via Oscar Sinigaglia e seguirà un percorso stabilito attraverso il quartiere Giuliano-Dalmata, passando per la Città Militare della Cecchignola. Questa tappa dà il via a una serie di corse che si terranno in altre nove città italiane nel corso dell’anno, tra cui Milano, Trieste e Catania, con l’aggiunta di Latina, Aversa e Pistoia grazie all’interesse delle loro amministrazioni locali.

L’iniziativa, promossa dall’Asi e dall’ANVGD, intende celebrare la memoria delle tragedie delle foibe e dell’esodo delle popolazioni italiane dall’Istria, Fiume e Dalmazia nel dopoguerra, guadagnando negli anni rilevanza mediatica e attenzione istituzionale inaspettata dai suoi organizzatori al momento della prima edizione.

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LE FOIBE E I CRIMINI DEL REGIME COMUNISTA DEI PARTIGIANI DI TITO

Le foibe, profonde cavità naturali tipiche del Carso, una regione calcarea che si estende oltre Trieste e Gorizia, sono state tradizionalmente adoperate dalle comunità agricole locali come discariche. Queste formazioni geologiche si trovano anche in Istria e nel Carnaro, evidenziando il fenomeno del carsismo sotterraneo. Nel corso del XX secolo, l’area di Venezia Giulia, Fiume e Dalmazia fu teatro di intensi nazionalismi contrapposti, che dall’ottocento avevano destabilizzato l’armonia sociale ed etnica.

Con l’escalation dei conflitti, durante la Seconda Guerra Mondiale, le foibe assunsero un ruolo sinistro. In particolare, nei mesi di settembre-ottobre 1943, a seguito dell’armistizio dell’8 settembre, e nella primavera del 1945, con la guerra ormai al termine, queste cavità furono utilizzate per gettarvi, spesso vivi, coloro che venivano considerati nemici o oppositori del regime comunista di Tito. Tra le vittime prevalsero gli italiani, comunità storicamente radicata lungo l’Adriatico orientale, il cui fiorente passato risale al periodo romano e veneziano.

La memoria di queste atrocità rimase a lungo marginale, fino all’istituzione del Giorno del Ricordo nel 2004, che ha iniziato a fare luce sulle sofferenze di uomini, donne, anziani e bambini, travolti dall’espansionismo jugoslavo. L’esercito partigiano, nel suo sforzo di liberare la Jugoslavia dall’occupazione tedesca e di espandere i confini nazionali, mirava a includere territori come Trieste, Gorizia, l’Istria, Fiume e la Dalmazia, dove gli italiani costituivano la maggioranza, nonostante la presenza di minoranze slovene e croate. Questa politica di espansione si tradusse in migliaia di uccisioni, deportazioni e violenze, portando circa 350.000 persone a lasciare le loro case.

L’Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia, promuovendo un’ideologia comunista, perseguì un agenda ultranazionalista che identificava gli italiani come nemici da sconfiggere. Si stima che circa 6.000 corpi siano stati ritrovati nelle foibe, con un numero simile di dispersi o morti nei campi di concentramento, mentre 350.000 furono gli esuli. Questa parte dolorosa della storia italiana è rimasta a lungo nell’ombra, prima di essere riconosciuta e commemorata adeguatamente.

 

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CHE COS’È UNA FOIBA 

Il termine “foiba” fa riferimento agli inghiottitoi carsici, ossia cavità verticali naturali, che si trovano prevalentemente nella zona carsica e in Istria. Queste formazioni geologiche non sono da confondersi con altri tipi di caverne, benché comunemente si tenda a fare questa imprecisione. Il termine specifico per queste cavità deriva dal vocabolario dialettale della regione giuliana, e ha origine dalla parola latina “fŏvea”, che significa fossa o cava. Queste strutture geologiche, che nella regione dell’Istria possono raggiungere dimensioni notevoli, sono presenti in circa 1700 esemplari. La prima attestazione documentata del termine “foiba” risale al 1770, in una relazione del naturalista italiano Alberto Fortis, noto per i suoi studi e pubblicazioni sulla regione del Carso dalmata.

 

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