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Organi-chip per testare i farmaci e ridurre la sperimentazione animale

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​Un fegato artificiale miniaturizzato, costruito con chip microfluidici in silicio per i test farmacologici, ha finalmente dimostrato che i mini-organi artificiali possono essere considerati modelli sperimentali attendibili, aprendo la strada a una possibile eliminazione dell’uso di cavie animali. Lo studio è stato pubblicato su Advanced Functional Materials e condotto dal team di ricerca di Giuseppe Barillaro del dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa, con la collaborazione del gruppo di Nico Voelcker della Monash University.



Un organismo modello è una specie estensivamente studiata per comprendere particolari fenomeni biologici, in base al presupposto che le acquisizioni fatte sull’organismo modello possano fornire indicazioni sugli altri organismi. 

Storicamente il primo organismo modello impiegato in esperimenti rigorosi per la comprensione dell’ereditarietà è stato il Pisum sativum di Gregor Mendel. Il pisello da orto infatti risponde a specifiche esigenze di incrocio controllato, rapido passo generazionale, prole numerosa, caratteri fenotipici alternativi e disponibilità di numerose varietà commerciali. Queste caratteristiche lo resero ottimale per un approccio ai problemi della ereditarietà di tipo quantitativo e statistico.

Gli organismi modello non vengono utilizzati solo per analisi fenotipiche di tipo statistico, ma rappresentano la chiave di volta per la comprensione dei meccanismi molecolari, grazie all’ avvento dell’ ingegneria genetica.

Esistono infatti meccanismi genetici che si sono conservati intatti o quasi per milioni e, a volte, miliardi di anni: geni che codificano per proteine che svolgono un ruolo fondamentale per il mantenimento della vita possono aver subito anch’ essi mutazioni, ma si sono conservate solo le poche varianti in cui la mutazione ha garantito un miglioramento di qualità di vita dell’ organismo. Animali evolutivamente distanti tra loro, quindi, possono avere in comune gli stessi meccanismi genetico-molecolari. Modelli animali opportunamente ingegnerizzati al fine di non produrre una certa proteina o di produrne una mutata per valutarne il comportamento, sono solo due semplici esempi di quello che si può fare utilizzando organismi viventi.

Lo studio del ruolo svolto da queste molecole è spesso garantito in vivo grazie proprio agli organismi modello. Questa strategia però ha risvolti etici che hanno fatto e fanno discutere tuttora.

Esistono però nuove strategie di indagine che, nel rispetto della vita animale, potrebbero rappresentare una nuova metodica di analisi in alcuni casi.

La ricerca è stata condotta dal team di Giuseppe Barillaro, del dipartimento di Ingegneria dell’Informazione. Un mini-fegato artificiale permetterà di condurre test farmacologici attendibili senza usare cavie animali

“La novità di questo modello di organo – spiega Barillaro – è che si compone di strutture tridimensionali che hanno la dimensione effettiva delle cellule epatiche e che sono disposte in modo da replicare anche architettonicamente l’organizzazione del fegato nel lobulo epatico. Negli esseri umani, le cellule epatiche sono disposte in cordoni collocati tra le vene (sonusoidi) che entrano nel lobulo. La diposizione delle cellule in cordoni permette di riprodurre negli organi artificiali alcune funzioni fondamentali del fegato, come la detossificazione e il mantenimento dell’omeostasi”.
Replicare questa struttura è stato possibile grazie all’uso di nanotecnologie simili a quelle usate per i circuiti integrati. Le strutture così costruite vengono alimentate con un sistema microfluidico. “Quello che abbiamo dimostrato – prosegue Barillaro – è che le strutture così composte riescono a mantenere l’attività e le caratteristiche della cellula più a lungo rispetto a quanto non accada con una normale coltura, un mese invece che una settimana, e creare condizioni fisiologiche molto simili a quelle del corpo umano. Questo permette test farmacologici a medio termine, con la conseguenza di poter ridurre l’uso di cavie animali. Replicando in modo sempre più accurato la struttura del lobulo epatico potremo arrivare a effettuare test farmacologici con risultati ancora più attendibili e vicini a quelli ottenuti sull’uomo, e anche ricreare su chip alcune tra le più importanti funzionalità del fegato per andare verso una medicina personalizzata”.s
Al momento gli organi-chip hanno destato l’interesse sia dell’Europa che degli Stati Uniti, che hanno avviato la creazione di uno Humanchip, ovvero la riproduzione di diversi organi chip, che poi verranno messi in connessione tra loro per riprodurre la fisiologia umana. Questo renderà possibile testare farmaci su un organo specifico, ma anche controllarne l’impatto sugli altri. In Europa al momento è ai primi passi la costruzione di una flagship sugli organi chip, che includerebbe non solo partner accademici, ma aziende interessate a portare avanti i risultati della sperimentazione.

Stefano Bossi

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