Economia News

Avvicinare la supply chain al consumatore è la chiave per il commercio del futuro

Avvicinare la supply chain al consumatore è la chiave per il commercio del futuro

Quando la pandemia globale e la guerra in Ucraina hanno messo sotto pressione anche le supply chain più grosse, le crepe nei processi e nelle strategie legate all’offshoring sono diventate evidenti.

Di conseguenza, si è diffusa l’idea che forse l’era della delocalizzazione stava per finire, sostituita da un nuovo approccio ideologico e pratico in cui le reti, i processi e, in ultima analisi, i beni dovrebbero essere localizzati più vicino al consumatore finale.

Se un tempo il prezzo era il fattore determinante per i brand, la disruption degli ultimi 24 mesi ha reso più importanti la resilienza, l’affidabilità e l’agilità, e altri imperativi come la sostenibilità.

Dopotutto, non importa quanto basso sia il costo di produzione di un prodotto se non può arrivare al cliente in modo efficace e sostenibile. Avvicinando le supply chain ai consumatori, i brand possono raggiungere questi nuovi obiettivi.

Per superare le sfide imposte dalla pandemia, e non solo, Manhattan Associates pensa che avvicinarsi al consumatore possa armonizzare gli elementi chiave della stessa supply chain e ripristinare il flusso naturale dei processi.ù

Tommaso Orsenigo

Avvicinare la supply chain al consumatore è la chiave per il commercio del futuro

Maggiore flessibilità, forza lavoro più vasta e riduzione delle spese operative. Queste sono solo tre delle ragioni più comuni che hanno spinto decine di migliaia di organizzazioni* ad attuare l’offshoring. Sebbene questo fenomeno abbia raggiunto grande popolarità nel XXI secolo, nell’ultimo decennio ha persino accelerato, proprio nel momento in cui i prezzi sono diventati fattori di differenziazione per molti brand.

Tuttavia, le sfide che hanno accompagnato la pandemia globale hanno messo in luce alcuni degli aspetti meno positivi associati all’offshoring.

Di conseguenza, molte aziende stanno valutando i vantaggi di spostare le proprie sezioni di produzione e supply chain più vicino ai consumatori, nel tentativo di difendersi dall’inevitabile instabilità del commercio futuro.

Le supply chain globali che si sono affermate a partire dall’inizio del millennio hanno ottenuto una maggiore efficienza dei costi, ma hanno introdotto anche un livello di fragilità che, fino agli eventi degli ultimi due anni, non era del tutto evidente. 

Quando la pandemia globale e la guerra in Ucraina hanno messo sotto pressione anche le supply chain più grosse, le crepe nei processi e nelle strategie legate all’offshoring sono diventate evidenti. Di conseguenza, si è diffusa l’idea che forse l’era della delocalizzazione stava per finire, sostituita da un nuovo approccio ideologico e pratico in cui le reti, i processi e, in ultima analisi, i beni dovrebbero essere localizzati più vicino al consumatore finale.

Se un tempo il prezzo era il fattore determinante per i brand, la disruption degli ultimi 24 mesi ha reso più importanti la resilienza, l’affidabilità e l’agilità, e altri imperativi come la sostenibilità.

Dopotutto, non importa quanto basso sia il costo di produzione di un prodotto se non può arrivare al cliente in modo efficace e sostenibile. Avvicinando le supply chain ai consumatori, i brand possono raggiungere questi nuovi obiettivi.

Prendiamo ad esempio lo stock e la distribuzione: l’utilizzo degli store come mini hub di fulfilment, l’impiego di dark store e la creazione di centri di microfulfilment iper-locali sono tutti approcci o che potrebbero ridurre le crepe nelle supply chain più grosse.

Spostando la delivery dei prodotti – e anche i potenziali resi – più vicino al consumatore, si garantisce un valore aggiunto alla visibilità delle scorte, ma anche all’impatto ambientale.

Con una soluzione di transportation management efficiente per più hub di distribuzione locali, è possibile pianificare percorsi più brevi e sostenibili per le delivery e incorporare anche le raccolte dei resi in questi stessi percorsi.

Con la crescente popolarità dell’e-commerce e il numero di resi sempre più alto, i vantaggi economici e ambientali di spostare merci e supply chain più vicino ai consumatori sono tangibili, a patto che si disponga della tecnologia giusta per farlo in modo efficace. Il semplice “onshoring” della produzione e lo spostamento dei processi della supply chain più vicino ai consumatori, tuttavia, non sono sufficienti da soli. Il “momento Eureka” per i brand può essere raggiunto solo attraverso un approccio tecnologico unificato.

Grazie a soluzioni basate completamente sui microservizi, i brand possono ottenere un ambiente di pianificazione ed esecuzione continuo e collaborativo, che combina la gestione del magazzino e del lavoro, la pianificazione e l’esecuzione dei trasporti, nonché un’automazione più efficiente tra uomo e macchina, il tutto grazie a semplici piattaforme cloud-native unificate.

Per superare le sfide imposte dalla pandemia, e non solo, Manhattan Associates pensa che avvicinarsi al consumatore possa armonizzare gli elementi chiave della stessa supply chain e ripristinare il flusso naturale dei processi in entrata e in uscita: il risultato è una supply chain più agile, efficiente, resiliente e sostenibile.

Mentre i brand cercano di prevenire il “prossimo” evento globale inaspettato, l’idea di spostare i processi di produzione, le merci e le reti di distribuzione più vicino alle case dei consumatori sta guadagnando terreno.

La chiave del successo di questa nuova strategia, tuttavia, risiederà nella capacità dei brand di continuare ad innovare la supply chain, e di fornire reti e offerte non solo flessibili e affidabili, ma anche sufficientemente agili e reattive per affrontare aspettative dei consumatori in continuo cambiamento, anche in futuro.

*Secondo una ricerca di Statista, dal 2000, i tre mercati più popolari per l’offshoring sono Cina, India e Malesia.

 

Comunicato stampa Manhattan Associates

Comments

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *