In un contesto politico sempre più polarizzato e dominato da slogan, è fondamentale recuperare il significato profondo di alcune affermazioni che circolano nel dibattito pubblico. Espressioni come “è l’esercizio di un diritto democratico” o “bisogna snellire le procedure per la cittadinanza” sembrano, a prima vista, condivisibili e di buon senso.
Tuttavia, una lettura più attenta rivela la necessità di distinguere tra retorica e realtà giuridica, tra semplificazione comunicativa e complessità costituzionale. Questo breve compendio analizza criticamente alcune frasi comuni, spesso ripetute nei media o nei discorsi politici, mettendone in luce le imprecisioni, le forzature o le ambiguità. L’obiettivo non è quello di negare le opinioni, ma di promuovere un confronto più consapevole, ancorato ai principi della Costituzione italiana e al funzionamento reale delle istituzioni democratiche.
1. Affermazione: “È un obbligo morale di un diritto democratico”
FALSO
È vero che il voto rappresenta un diritto fondamentale in una democrazia, sancito dall’articolo 48 della Costituzione italiana, secondo cui:
“Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.”
Tuttavia, non esiste alcun obbligo giuridico di votare. Il diritto al non-voto può anch’esso essere considerato una forma di espressione democratica. In un sistema pluralista e aperto, anche l’astensione può avere un valore politico e comunicativo: può segnalare disillusione, dissenso o volontà di non legittimare un determinato processo.
L’astensionismo non è, come talvolta viene affermato, una forma di diserzione civile, ma può rappresentare una scelta consapevole. Va inoltre ricordato che durante il regime fascista, le consultazioni popolari (come il plebiscito del 1929) erano fortemente manipolate e l’assenza di pluralismo e libertà reale di scelta rendeva il voto stesso un atto formale e strumentalizzato. Oggi, invece, l’astensione è libertà esercitata in un contesto democratico.
2. Affermazione: “Credo che le procedure per la richiesta della cittadinanza vadano snellite”
VISIONE PERSONALE
Snellire le procedure può sembrare una misura di buon senso, ma va affrontata con attenzione all’equilibrio tra efficienza e garanzia di legalità. In Italia, la cittadinanza per residenza viene concessa secondo quanto stabilito dalla Legge n. 91/1992, che prevede:
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10 anni di residenza legale e continuativa per cittadini extra-UE;
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4 anni per cittadini di origine italiana;
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7 anni per cittadini UE.
Questi standard sono in linea con le pratiche di altri Paesi democratici. Ad esempio, in Australia è necessario aver vissuto almeno 4 anni in modo regolare nel Paese, di cui almeno 1 anno come residente permanente subito prima della domanda. Inoltre, il richiedente deve dimostrare una buona conoscenza della lingua inglese, assenza di condanne penali gravi, e un effettivo inserimento nella società australiana.
Tali tempistiche non sono arbitrarie: servono a verificare l’integrazione, il rispetto delle leggi e la reale volontà di appartenenza.
Una semplificazione eccessiva potrebbe minare il principio di uguaglianza sostanziale (art. 3 della Costituzione) e mettere a rischio l’efficacia dei controlli, aprendo a scorciatoie o discrezionalità che potrebbero creare nuove ingiustizie.
3. Affermazione: “I lavoratori vanno tutelati dal liberismo sfrenato”
FUORVIANTE
Il concetto di “liberismo sfrenato” è spesso usato in modo generico. In realtà, l’Italia dispone di ampie garanzie per i lavoratori, sancite in primo luogo dall’articolo 1 della Costituzione:
“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.”
E in modo più dettagliato dagli articoli 35-40, che tutelano il lavoro in tutte le sue forme, il diritto allo sciopero e l’equa retribuzione. Inoltre, strumenti come i contratti collettivi nazionali di lavoro, gli ammortizzatori sociali e il reddito di cittadinanza sono già presenti nel nostro ordinamento.
Piuttosto che combattere una presunta ideologia liberista, occorre garantire un equilibrio tra flessibilità del mercato del lavoro e protezione dei diritti sociali, come dimostrano modelli virtuosi nei Paesi scandinavi (es. Danimarca con la cosiddetta “flexicurity”). Anche l’Unione Europea promuove politiche di flessibilità tutelata, senza abbandonare la coesione sociale.
4. Affermazione: “Bisogna dare un segnale a una destra illiberale”
FUORVIANTE
La Costituzione italiana garantisce il pluralismo politico (art. 49) e il libero esercizio delle attività dei partiti. Parlare di “destra illiberale” può essere comprensibile in certi contesti, ma risulta una semplificazione retorica che rischia di alimentare polarizzazioni sterili. Non tutta la destra è omogenea, né è corretto identificarla in blocco con posizioni antidemocratiche.
Molti partiti di destra siedono regolarmente in Parlamento, partecipano alle elezioni e rispettano le regole costituzionali. Anche la Corte Costituzionale vigila affinché nessuna legge o riforma possa ledere i principi democratici.
Inoltre, il voto non dovrebbe mai essere uno “strumento punitivo”, ma un momento di valutazione sulle proposte e i programmi. Votare contro un partito solo per “dare un segnale” rischia di trasformare l’elettorato in una tifoseria, anziché in una cittadinanza attiva e responsabile.
Il referendum, come strumento di democrazia diretta (art. 75 della Costituzione), è un’occasione preziosa di partecipazione, ma non può essere ridotto a slogan. Ogni cittadino ha il diritto – e il dovere civico – di informarsi, riflettere criticamente e scegliere con consapevolezza, anche decidendo legittimamente di non partecipare. La qualità della democrazia si misura non solo nel voto, ma nella libertà con cui esso viene esercitato.
Referendum abrogativi dell’8 e 9 giugno 2025: guida sintetica ai cinque quesiti
Cosa si vota l’8 e 9 giugno 2025?
I cittadini italiani sono chiamati a esprimersi su cinque quesiti referendari abrogativi, promossi da:
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CGIL (per i temi sul lavoro)
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+Europa, Possibile, PSI, Radicali Italiani e altre associazioni (per la cittadinanza)
I referendum mirano ad abrogare o modificare norme esistenti, ripristinando regole precedenti.
Orari di voto:
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Domenica 8 giugno: 7:00 – 23:00
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Lunedì 9 giugno: 7:00 – 15:00
Per essere valido, ogni referendum deve raggiungere il quorum: partecipazione del 50% + 1 degli aventi diritto al voto.
I cinque quesiti in dettaglio
1. Contratto di lavoro a tutele crescenti – Disciplina dei licenziamenti illegittimi
Scheda: verde chiaro
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Quesito: Si propone l’abrogazione del D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 23 (Jobs Act) sui contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti.
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Votare SÌ: Si elimina la norma che impedisce il reintegro per licenziamenti illegittimi, ripristinando l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.
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Votare NO: Rimane in vigore l’attuale sistema basato su indennizzo economico senza reintegro.
2. Piccole imprese – Licenziamenti e relativa indennità
Scheda: arancione
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Quesito: Si propone l’abrogazione parziale delle norme che limitano a sei mensilità l’indennità per licenziamenti illegittimi nelle imprese con meno di 15 dipendenti.
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Votare SÌ: Si elimina il tetto massimo, permettendo indennità più alte.
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Votare NO: Si mantiene il limite di sei mensilità.
3. Contratti a termine – Durata e condizioni per proroghe
Scheda: grigia
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Quesito: Si propone l’abrogazione parziale del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, eliminando l’obbligo di causale solo dopo i 12 mesi.
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Votare SÌ: Si reintroduce l’obbligo di causale anche per contratti inferiori a 12 mesi.
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Votare NO: Si mantengono le norme attuali, con contratti fino a 12 mesi senza causale.
4. Responsabilità solidale negli appalti – Sicurezza sul lavoro
Scheda: (colore non specificato)
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Quesito: Si propone l’abrogazione della norma che esclude la responsabilità solidale per infortuni legati a rischi specifici negli appalti.
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Votare SÌ: Si estende la responsabilità solidale anche al committente e subappaltatore, aumentando le tutele per i lavoratori.
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Votare NO: Rimane l’esclusione di responsabilità del committente per i rischi specifici.
5. Cittadinanza italiana – Riduzione dei tempi di residenza
Scheda: (colore non specificato)
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Quesito: Si propone la modifica dell’articolo 9 della legge n. 91/1992, riducendo da 10 a 5 anni il periodo di residenza richiesto agli extracomunitari per richiedere la cittadinanza.
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Votare SÌ: Si dimezzano i tempi di attesa per circa 2,5 milioni di stranieri, con effetti anche per i figli minori conviventi.
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Votare NO: Si mantiene l’attuale requisito di 10 anni. Altri requisiti restano invariati.
Come si vota?
In Italia
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Presentarsi con documento d’identità valido e tessera elettorale
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Si ricevono cinque schede di colore diverso
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Per ciascuna scheda si vota “SÌ” (abrogazione) o “NO” (conferma della norma)
Fuori sede
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Chi è fuori dal comune di residenza da almeno 3 mesi (per studio, lavoro, cure mediche) può votare in un altro comune
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Domanda da presentare entro il 5 maggio 2025
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L’attestazione arriva entro il 3 giugno
All’estero
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Gli iscritti AIRE ricevono automaticamente il plico e votano per corrispondenza (restituzione entro il 5 giugno)
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Chi è temporaneamente all’estero può farne richiesta entro il 7 maggio 2025
Voto assistito o domiciliare
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Possibile per elettori con gravi infermità, previa domanda e certificato medico
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È ammesso un accompagnatore iscritto nelle liste elettorali
Perché è importante il quorum?
Ogni referendum è valido solo se partecipa almeno il 50% + 1 degli aventi diritto.
Se il quorum non è raggiunto, la norma resta in vigore indipendentemente dai voti espressi.
Alcuni partiti di governo (es. Forza Italia, Lega) promuovono l’astensione per far fallire il quorum.
PD, M5S e altri partiti di opposizione sostengono la partecipazione e il “SÌ”.
Chi ha promosso i referendum?
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Quesiti sul lavoro: promossi dalla CGIL con oltre 4 milioni di firme, sostenuti da PD, M5S, AVS e altri.
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Quesito sulla cittadinanza: promosso da +Europa, Possibile, PSI, Radicali Italiani, Rifondazione Comunista e associazioni civiche (637.000 firme raccolte).
Posizioni dei partiti
Maggioranza (governo)
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Forza Italia e Lega: promuovono l’astensione
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Fratelli d’Italia: nessuna posizione ufficiale, ma orientata all’astensione
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Noi Moderati: voterà NO su tutti i quesiti
Opposizione
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PD e AVS: sostengono il “SÌ” su tutti i quesiti
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M5S: “SÌ” sui quattro quesiti sul lavoro, libertà di coscienza sulla cittadinanza
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Azione e Italia Viva: “SÌ” solo al quesito sulla cittadinanza, “NO” agli altri
Conoscenza e partecipazione
Secondo un sondaggio Ipsos:
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Il 62% degli italiani è consapevole dei referendum
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Solo il 32-38% prevede di partecipare
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Il “SÌ” prevale sui temi del lavoro (79-87%)
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Il consenso sul quesito cittadinanza è al 66%, ma con divisioni politiche:
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Elettori di centrosinistra: più favorevoli
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Elettori di centrodestra: più orientati al “NO”
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