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Veramente la lingua sta impoverendosi? Io non credo

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La preoccupazione per l’impoverimento della lingua da parte delle generazioni più giovani è un tema ricorrente nella storia della linguistica e della cultura, spesso percepito come un declino morale o intellettuale, ma che la linguistica moderna tende a interpretare come un’evoluzione naturale del linguaggio.

Approfondirò questo aspetto basandomi sulla mia conoscenza interna (che include testi classici e studi linguistici) e sui risultati di ricerche sul web, evidenziando come simili lamentele esistessero già negli anni ’80 e ben prima, con citazioni dotte da figure storiche e autori come George Orwell.

Non si tratta di un fenomeno nuovo: ogni epoca ha visto gli adulti criticare il “gergo” giovanile come superficiale o degradante, mentre in realtà il linguaggio si adatta alle esigenze sociali e culturali.


Esempi storici di lamentele sul declino linguistico

Fin dall’antichità, intellettuali e scrittori hanno espresso timori sul deterioramento della lingua, spesso legandolo al comportamento delle generazioni più giovani.

Questo riflette un bias generazionale, noto come “declinismo linguistico”, dove il cambiamento è visto come corruzione piuttosto che innovazione.

La linguistica contemporanea, come spiegato nella pagina Wikipedia su Language change, respinge l’idea di “decadenza linguistica” come non scientifica: le lingue viventi mutano continuamente attraverso variazioni, e i giudizi negativi derivano da prescrizioni normative piuttosto che da analisi oggettive.


Antica Grecia (VIII secolo a.C.)

Esiodo, nel poema epico Le opere e i giorni, lamenta il declino morale e linguistico delle generazioni successive, descrivendo l’Età del Ferro come un’epoca in cui “gli uomini non cesseranno mai di lavorare e soffrire di giorno, e di perire di notte”, con i giovani che disprezzano le tradizioni e usano un linguaggio rozzo e irrispettoso.

Esiodo contrappone questo alla purezza dell’Età dell’Oro, implicando un impoverimento espressivo legato alla corruzione giovanile.


Antica Roma (I secolo a.C.)

Orazio, nelle Odi (III.6), scrive:

“Etas parentum peior avis tulit nos nequiores, mox daturos progeniem vitiosiorem”
(“L’età dei nostri padri, peggiore di quella dei nonni, ha generato noi, ancora più malvagi, che a nostra volta genereremo una prole ancor più degenerata”).

Qui, Orazio non critica solo i costumi, ma implica un degrado nel discorso pubblico e nella retorica, con i giovani che usano espressioni volgari e meno raffinate rispetto ai classici.


Medioevo (XIII secolo)

Pietro di Blois (ca. 1135–1212), in una lettera lamenta:

“I giovani di oggi pensano solo a se stessi. Non hanno rispetto per i genitori o per gli anziani. Sono impazienti di ogni restrizione; amano il chiacchiericcio invece dell’esercizio.”

Questo tocca l’uso di un “chiacchiericcio” superficiale, visto come impoverimento rispetto al linguaggio dotto e religioso dell’epoca.


Età moderna (XIX secolo)

Thomas Barnes, editore del Times (1817), criticava il linguaggio giornalistico e giovanile come “slangwhanging” (un gergo volgare), sostenendo che “la lingua inglese sta degenerando rapidamente” a causa di neologismi e abbreviazioni usate dai giovani urbani.

Queste citazioni mostrano come il pattern sia antico: i giovani sono accusati di semplificare o “corrompere” la lingua con espressioni colloquiali, ma in realtà questi cambiamenti arricchiscono il vocabolario (molti slang antichi sono poi entrati nel linguaggio standard).


Negli anni ’80: lo slang e le critiche al “valley girl speak”

Negli anni ’80, simili preoccupazioni emergono con l’ascesa dello slang giovanile, influenzato dalla cultura pop, dai media e dalla musica.

Ricerche sul web confermano che termini come totally tubular, gag me with a spoon, gnarly o like (usato come riempitivo) erano diffusi, specialmente nel “Val-speak” delle Valley Girls californiane, reso popolare da film come Valley Girl (1983) e canzoni di Frank Zappa.

Critici dell’epoca li vedevano come un impoverimento: linguisti ed educatori lamentavano che frasi come “I’m like, totally buggin’” riducessero la precisione espressiva, favorendo vaghezza e ripetizioni inutili.

Eppure, molti di questi termini derivavano da subculture (surf, hip-hop) e hanno contribuito all’evoluzione dell’inglese americano, dimostrando che l’“impoverimento” è spesso solo un cambiamento percepito negativamente.


Critiche dotte del XX secolo: George Orwell e il linguaggio politico

Nel saggio Politics and the English Language (1946), George Orwell critica l’impoverimento del linguaggio moderno, non solo tra i giovani, ma nella società intera, legandolo a vaghezza e insincerità.

  • Sulla vaghezza:
    “La prosa moderna consiste sempre meno di parole scelte per il loro significato, e sempre più di frasi assemblate come sezioni di una casa prefabbricata per polli.”
    → Riecheggia le critiche odierne a emoji o abbreviazioni come lol.

  • Sulla dizione pretensiosa:
    “Parole come phenomenon, element, individual… sono usate per vestire dichiarazioni semplici e dare un’aria di imparzialità scientifica a giudizi distorti.”

  • Sulle parole senza significato:
    “Molte parole politiche sono abusate. La parola fascism ora non significa nulla se non ‘qualcosa di indesiderabile’.”

Orwell conclude che “il grande nemico del linguaggio chiaro è l’insincerità”, ma riconosce che il linguaggio riflette la società – un punto ripreso da linguisti moderni come Guy Deutscher.


Conclusioni e prospettiva attuale

Oggi, con slang come rizz, cap o yeet, le critiche continuano.

Educatori e linguisti lamentano un “impoverimento” dovuto ai social media, ma studi mostrano che i giovani possiedono vocabolari ampi, solo diversificati (es. termini da gaming o meme).

Come negli anni ’80 o nell’antichità, questo è evoluzione, non declino: la lingua si arricchisce con neologismi, e ciò che sembra “povero” oggi diventerà standard domani.

John Lyons, linguista, nota che:

“Qualsiasi standard di valutazione del cambiamento linguistico deve riconoscere le funzioni che la lingua deve svolgere nella società.”


L’uso di “SUPER” come prefisso migliorativo nel linguaggio contemporaneo

Nel linguaggio giovanile italiano, “super” è frequentemente impiegato come prefisso intensificatore per aggettivi e sostantivi, fungendo da superlativo informale ed enfatico.

Esempi: superfigo, superbello, supertop.

Questo uso riflette una tendenza all’intensificazione espressiva tipica del parlato e dei social, dove si cerca brevità e impatto emotivo.

Storicamente, simili meccanismi di intensificazione non sono nuovi: nel latino volgare e nell’italiano antico, prefissi come iper- o archi- servivano allo stesso scopo.

Negli anni ’80, espressioni come mega precedevano super, mostrando un’evoluzione continua. L’Accademia della Crusca sottolinea che questi prefissi arricchiscono il lessico, non lo impoveriscono.


Lo slang contemporaneo: dinamismo online e influenza inglese

Lo slang odierno si diffonde principalmente online, attraverso piattaforme come TikTok, Twitch e Instagram, dove la comunicazione è rapida e visiva.

In Italia, questo slang è ibrido: parole inglesi vengono italianizzate o adottate tal quali, riflettendo una “glocalizzazione” linguistica.

Termini comuni e contesto d’uso

  • Cringe – imbarazzante: “Quel ballo è super cringe!”

  • Crush – cotta: “Ho un crush su quel creator.”

  • Flexare – vantarsi: “Sta flexando il suo nuovo setup su Twitch.”

  • Boomer – persona all’antica: “Sei un boomer se non usi TikTok.”

  • BFFBest Friends Forever: amici inseparabili.

  • G.O.A.T.Greatest of All Time: “Messi è il GOAT.”

Questi termini, come evidenziato in dizionari slang e articoli educativi, non impoveriscono la lingua ma la rendono più espressiva e inclusiva.

Come negli anni ’80 con il valley speak o nell’antichità con i gerghi popolari, lo slang online è un ciclo di innovazione: dinamico, ma resiliente.

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