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Valori, identità e sicurezza: l’Italia che teme di cambiare

CENSIS-59-Rapporto

RS_copertina_LRUn Paese attraversato da una vulnerabilità profonda

L’Italia osservata dal ‘ultimo rapporto rapporto del Censis è un Paese attraversato da un sentimento diffuso di vulnerabilità culturale e sociale. Dietro una quotidianità apparentemente stabile, si muove un’Italia che teme di perdere sé stessa, i propri riferimenti valoriali, la propria impronta identitaria. Le paure non riguardano soltanto la sicurezza fisica o economica: a preoccupare è soprattutto l’idea che il tessuto simbolico su cui si fonda la comunità nazionale possa essere messo in discussione da trasformazioni rapide, spesso percepite come incontrollabili.

La diversità culturale come minaccia

Il dato più evidente riguarda la percezione di minaccia verso chi introduce regole e abitudini considerate incompatibili con lo stile di vita italiano: lo pensa il 57,4% degli intervistati, una maggioranza netta che vede nella diversità culturale non una risorsa, ma una potenziale frattura. Il tema dell’identità non è astratto: si insinua nella vita quotidiana, nelle relazioni, nei luoghi pubblici, nel modo in cui ciascuno immagina il proprio futuro in una società che cambia.

Famiglia e religione: i pilastri identitari più esposti

In questo quadro, i pilastri della tradizione – famiglia e religione – diventano il punto più sensibile. Il 29,3% degli italiani dichiara di sentirsi minacciato da chi porta valori familiari diversi, segno che la famiglia rimane il simbolo per eccellenza di stabilità, ordine e continuità. Non sorprende che ogni discostamento dal modello considerato “tradizionale” venga percepito come un possibile attacco alla coesione sociale. Anche la religione, pur con un peso minore, continua a rappresentare un elemento identitario cruciale: il 21,8% teme chi professa una fede diversa, non tanto per ragioni teologiche quanto per ciò che diverse tradizioni religiose possono implicare in termini di norme, comportamenti e visioni del mondo.

L’invocazione di ordine e pene più severe

La paura della diversità non riguarda soltanto valori e culture. Emergono posizioni particolarmente dure sul piano della sicurezza sociale: il 75% degli italiani chiede pene severe per chi occupa abusivamente le case; il 63,4% invoca sanzioni più rigide anche per reati considerati minori, come i furti in metropolitana; quasi il 60% chiede la revoca della cittadinanza agli stranieri che commettono reati. Si tratta di un’Italia che invoca ordine, protezione, limiti più netti. Una società che vede nell’irrigidimento delle norme la strada per recuperare un controllo percepito come indebolito.

Tra immigrazione irregolare e chiusura sociale

La paura dell’illegalità si intreccia a quella dell’immigrazione irregolare: pur essendo minoritario, è significativo il 24,2% di cittadini secondo cui non bisognerebbe occuparsi di chi arriva illegalmente, nemmeno per il soccorso in mare o per l’accesso alle cure sanitarie. È un dato che mostra un clima di chiusura crescente, alimentato non solo dalla questione migratoria in sé, ma da un più ampio senso di insicurezza sociale.

Un’Italia smarrita più che arrabbiata

La fotografia del Censis non descrive un’Italia arrabbiata, ma un’Italia smarrita: una società che percepisce di vivere in un tempo frammentato, dove i riferimenti culturali si offuscano e le certezze vacillano. Le reazioni – talvolta dure, talvolta difensive – sono il sintomo di una trasformazione più profonda: il tentativo collettivo di ridefinire il proprio posto in un mondo che cambia senza chiedere permesso.

La sfida: trovare un nuovo equilibrio identitario

In questo scenario, la sfida è ricostruire un equilibrio tra identità e apertura, tra sicurezza e diritti, tra tradizione e innovazione. Perché la paura, quando diventa la lente principale attraverso cui leggere la realtà, rischia di oscurare proprio ciò che ha sempre reso l’Italia un Paese vitale, plurale e capace di integrare differenze senza perdere sé stesso.

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