Nel settembre 2025, Donald Trump e alcuni componenti della sua amministrazione hanno dichiarato pubblicamente che l’uso di Tylenol (marca commerciale del paracetamolo/acetaminofene) durante la gravidanza può essere «associato a un rischio molto aumentato di autismo» nei figli. [Fonte: ajmc.com] Queste affermazioni hanno suscitato una forte reazione da parte della comunità scientifica e degli enti di salute pubblica, che le hanno etichettate come fuorvianti, infondate o esagerati.
PER CHI HA POCO TEMPO (in breve)
Negli ultimi giorni Donald Trump ha affermato che l’uso di paracetamolo (Tylenol) durante la gravidanza aumenterebbe molto il rischio di autismo nei figli. Questa affermazione, però, non ha fondamento scientifico e può essere considerata una vera e propria bufala.
Le principali società mediche, come l’American College of Obstetricians and Gynecologists, e l’Organizzazione Mondiale della Sanità confermano che il paracetamolo resta il farmaco di scelta in gravidanza quando serve, rispettando dose minima e durata breve. Non esistono prove solide che neghino la sicurezza di un uso prudente.
In sintesi, trasformare correlazioni fragili in allarmi certi è pericoloso: le donne rischierebbero di lasciare febbre o dolore non trattati, con rischi concreti per loro e per il feto. La scienza oggi dice chiaramente: il paracetamolo non causa autismo.
PER CHI VUOLE APPROFONDIRE
È legittimo chiedersi: su cosa si basano queste affermazioni, e perché la comunità scientifica non le considera credibili? Per rispondere, è utile analizzare:
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il genere di studi attualmente disponibili,
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i limiti metodologici insiti in questo tipo di ricerca,
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gli esiti delle analisi più robuste (in particolare gli studi con controllo tra fratelli),
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le posizioni ufficiali delle società medico-ostetriche,
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le implicazioni cliniche e le responsabilità della comunicazione.
1. Il tipo di evidenze attuali: associazione, non causalità
Le affermazioni di Trump sembrano partire dall’interpretazione di studi osservazionali che hanno trovato associazioni statistiche tra uso prenatale di paracetamolo e alcuni disturbi dello sviluppo, come l’autismo o l’ADHD.
Tuttavia, va sottolineato che:
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La maggior parte degli studi sono osservazionali (coorti, registri, questionari). Essi non possono da soli stabilire un nesso di causalità, ma soltanto suggerire correlazioni.
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I soggetti esposti al paracetamolo in gravidanza (cioè le donne che lo assumono) possono avere caratteristiche differenti: ad esempio febbri, infezioni, dolore cronico, condizioni infiammatorie o altre patologie che potrebbero per sé influenzare lo sviluppo neurologico del feto. Queste condizioni sono possibili fattori confondenti (confounders).
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Anche quando gli studi aggiustano per variabili note (età, condizioni materne, fumo, istruzione, comorbilità), resta il rischio che permangano confondenti non misurati o imprecisamente misurati, che introducono bias.
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Il modo in cui viene misurata l’esposizione (frequenza, dose, durata, tempi della gravidanza) è messo in dubbio: molte volte si fa affidamento su autodenuncia o dati non completi, con potenziali errori di memoria o misclassificazione.
Perciò, anche se alcuni studi mostrano un aumento relativo del rischio (es. un hazard ratio di 1,05–1,10), ciò non significa che il paracetamolo causi l’autismo.
2. Lo studio chiave con controllo fra fratelli: il dataset svedese
Un elemento centrale nella discussione è lo studio svedese pubblicato nel 2024 Ahlqvist et al. su JAMA, che ha analizzato una coorte nazionale di 2,48 milioni di bambini nati tra il 1995 e il 2019, con follow-up fino al 2021.
I risultati principali
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Nei modelli “tradizionali” (senza controllo tra fratelli), l’uso di acetaminofene in gravidanza mostrava un’associazione marginale con l’autismo (HR ~1,05, intervallo di confidenza stretto) e con ADHD.
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Tuttavia, quando l’analisi è stata effettuata con controllo tra fratelli (cioè confrontando fratelli nati da una stessa madre, uno esposto e l’altro no), non è risultata alcuna associazione significativa tra uso di paracetamolo e autismo (HR ~0,98; intervallo 0,93–1,04).
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Analogamente, non sono state osservate associazioni per ADHD o disabilità intellettiva nel confronto tra fratelli.
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Inoltre, nei modelli con controllo tra fratelli non emergono pattern chiari di dose-risposta.
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Gli autori hanno concluso che le associazioni osservate nei modelli convenzionali potrebbero essere attribuibili a confondimento familiare (cioè fattori genetici o ambientali condivisi nella stessa famiglia). JAMA Network+1
Questo risultato è estremamente importante: il confronto tra fratelli con esposizioni differenti elimina molti fattori genetici e familiari condivisi, isolando meglio l’effetto dell’esposizione. In questo studio, l’effetto residuo (se c’è) è molto piccolo e non statisticamente significativo.
Interpretazioni e limiti
L’uso del disegno “sibling control” non è immune da critiche: se l’esposizione è misurata con errore (es. autodenuncia imprecisa), il controllo tra fratelli può attenuare artificialmente l’associazione. Inoltre, se vi sono cambiamenti nelle circostanze tra gravidanze (ad esempio miglioramenti nello stile di vita, differenze negli eventi di salute materna), ciò può complicare l’interpretazione. Ma, sebbene sia vero che variabili non misurate possano influenzare i risultati, i disegni sibling control sono progettati per controllare tali fattori, confrontando fratelli che condividono lo stesso ambiente familiare e genetico. Pertanto, i risultati dello studio svedese suggeriscono che l’uso di acetaminofene durante la gravidanza non è associato a un aumento del rischio di autismo o ADHD nei figli.
Lo studio rimane dunque uno dei più solidi finora disponibili e indebolisce fortemente l’ipotesi causale. Infatti lo studio svedese di Ahlqvist ha utilizzato il disegno sibling control per ridurre la confondibilità genetica e ambientale. I risultati hanno mostrato che, dopo aver controllato per fattori confondenti, non vi era alcuna evidenza di un aumento del rischio di autismo o ADHD associato all’uso di acetaminofene durante la gravidanza. Questo suggerisce che eventuali associazioni osservate in studi precedenti potrebbero essere dovute a confondimento piuttosto che a causalità diretta
3. La revisione “Navigation Guide” e il bilancio delle prove
Un’altra analisi recente, pubblicata nel 2025 da Prada e colleghi su Environmental Health, ha condotto una revisione sistematica utilizzando il metodo “Navigation Guide” per valutare l’evidenza relativa all’uso prenatale di acetaminofene e ai disturbi neuroevolutivi.
Secondo gli autori:
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Sono stati identificati 46 studi eleggibili: 27 riportavano associazioni significative tra esposizione e risultati neurologici, 9 non trovavano associazioni, 4 indicavano effetti protettivi, e gli altri risultati erano neutrali.
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Tuttavia, la revisione giudica che molte di queste evidenze presentano alto rischio di bias, dovuto alla variabilità nella misurazione dell’esposizione, nella definizione dei risultati, nella durata dell’esposizione e nei controlli confondenti.
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Gli autori affermano che l’evidenza complessiva non è sufficiente a stabilire un’associazione causale robusta, ma suggeriscono che, almeno in casi di uso frequente o prolungato, si possa considerare un approccio cautelativo (usare la dose minima efficace per il minor tempo possibile).
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Essi sottolineano che non è dimostrata una relazione causale, e che molte delle associazioni potrebbero riflettere fattori di confondimento non adeguatamente controllati.
La revisione Prada non sostiene l’affermazione che il paracetamolo causi autismo, anche se mette in evidenza l’incertezza persistente e la necessità di studi più rigorosi.
4. Le raccomandazioni delle società mediche e degli enti regolatori
Le affermazioni divulgate da Trump non sono accettate come base per cambiare le linee guida cliniche da parte delle principali società di ostetricia e ginecologia.
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L’American College of Obstetricians and Gynecologists (ACOG), in un “Practice Advisory” del settembre 2025, ribadisce che il paracetamolo resta l’analgesico/antipiretico di scelta in gravidanza, quando usato con giudizio (dose minima efficace, durata breve).
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ACOG afferma esplicitamente che l’attuale peso delle prove non supporta un nesso causale tra uso prenatale di acetaminofene e disturbi neurologici, e che non è giustificato modificare la pratica clinica sulla base delle nuove pubblicazioni ad oggi.
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L’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) ha dichiarato che “non esistono prove conclusive” che colleghino il paracetamolo in gravidanza all’autismo, e invita all’uso ragionato e al rispetto delle indicazioni mediche. Vari enti regolatori (come l’EMA in Europa, agenzie nazionali del farmaco) mantengono il paracetamolo come opzione standard quando indicato, pur raccomandando sempre cautela.
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L’FDA negli Stati Uniti ha avviato una revisione dell’etichettatura del paracetamolo per inserire un avviso potenziale riguardo all’associazione con autismo/ADHD, ma non ha stabilito che esista una relazione di causa-effetto. L’agenzia ha sottolineato che l’uso di acetaminofene rimane il trattamento analgesico e antipiretico di scelta durante la gravidanza, quando usato alle dosi più basse efficaci per la durata più breve necessaria.
Le affermazioni secondo cui l’uso di acetaminofene durante la gravidanza sarebbe associato a un aumento del rischio di autismo o ADHD non sono supportate da evidenze scientifiche solide. Studi recenti, inclusi quelli con disegno sibling control, suggeriscono che non vi è alcuna relazione causale tra l’uso di acetaminofene durante la gravidanza e questi disturbi neuroevolutivi. Pertanto, è importante basare le decisioni sanitarie su dati scientifici affidabili e aggiornati.
5. Le ragioni per cui le affermazioni di Trump mancano di fondamento
Possiamo sintetizzare le principali ragioni per cui le affermazioni che “paracetamolo in gravidanza causa autismo” mancano di base scientifica:
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Associazione non significa causalità
Gli studi che trovano correlazioni non dimostrano che l’esposizione sia la causa dell’effetto; potrebbero riflettere confondenti. -
Confondimento residuo e condizione materna
Le donne che usano paracetamolo in gravidanza potrebbero presentare condizioni (febbre, infezioni, dolore cronico, infiammazione) che per sé possono influenzare lo sviluppo fetale. I modelli statistici spesso non riescono ad aggiustare tali fattori completamente. -
Il disegno “sibling control” indebolisce l’ipotesi causale
Lo studio svedese con confronto tra fratelli non ha trovato associazione significativa, suggerendo che i segnali osservati nei modelli tradizionali siano dovuti a fattori familiari condivisi. -
Errori di misurazione dell’esposizione / variabilità nei modelli
L’uso di autodenuncia, la variabilità nella dose e nella durata dell’esposizione, e la scarsa precisione nei dati rendono incerta la stima del vero effetto. -
Mancanza di dose-risposta chiara nei modelli robusti
Neanche nei modelli più controllati si osserva una chiara relazione tra dose maggiore e rischio maggiore quando si tiene conto delle interferenze familiari. -
Rischio di danni derivanti dall’allarmismo
Se donne in gravidanza evitassero il paracetamolo senza alternativa, potrebbero lasciare febbri o dolore non trattati, con rischi noti per il feto (es. difetti del tubo neurale, complicanze metaboliche) e per la madre stessa.
Le linee guida sottolineano che il bilancio rischio-beneficio è fondamentale: non è utile demonizzare un farmaco se il mancato trattamento di condizioni patologiche può essere peggiore. -
Non c’è coerenza temporale né plausibilità biologica robusta
Le affermazioni di Trump tendono a suggerire un rapporto diretto e forte, ma gli studi più solidi mostrano, al massimo, effetti molto piccoli (sebbene non significativi) o nulli. Inoltre, non è ancora chiaro un meccanismo biologico forte e replicato che spieghi come una dose terapeutica di paracetamolo causerebbe autismo, senza che intervenissero altri fattori.
6. Considerazioni finali e raccomandazioni per i lettori
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Le affermazioni che “paracetamolo in gravidanza causa autismo” attualmente vanno oltre ciò che la scienza consente di sostenere. Sono basate su interpretazioni ampie di dati osservazionali fragili, senza riguardo ai controlli più raffinati.
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Il metodo più robusto disponibile (lo studio svedese con confronto tra fratelli) non ha riscontrato associazione significativa.
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Le principali società mediche continuano a raccomandare l’uso del paracetamolo in gravidanza, con cautela, quando necessario, e con il principio della minima dose efficace.
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Se una donna in gravidanza si trova con febbre, dolore o condizioni che richiedono un analgesico/antipiretico, deve consultare il medico o l’ostetrica: è importante non lasciare tali condizioni non trattate.
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È comprensibile che la ricerca voglia esplorare possibili esposizioni ambientali, farmacologiche o genetiche collegate ai disturbi dello sviluppo, ma queste ricerche devono essere condotte con rigore e non devono essere usate prematuramente per generare allarmi inadeguati.
Perché l’allarmismo è pericoloso
Diffondere paure infondate può spingere le donne a non trattare febbre o dolore in gravidanza, con rischi reali per madre e feto. Ad oggi, non ci sono prove scientifiche che il paracetamolo in gravidanza causi autismo. È giusto studiare ogni possibile fattore di rischio, ma non si devono trasformare dati preliminari in certezze politiche.
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