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Trump, i dazi e l’Europa: un teatrino già visto. Credibilità ormai persa per gli USA

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Con il suo inconfondibile teatrino scenico ma poco credibile, Donald Trump è tornato a minacciare dazi doganali, questa volta puntando l’obiettivo contro l’Unione Europea e contro due giganti del settore tecnologico come Apple e Samsung. Il suo annuncio del 23 maggio 2025, che prevede tariffe fino al 50% sui prodotti europei e il 25% su tecnologia non prodotta negli Stati Uniti, ha immediatamente scosso le borse europee, con Milano che ha registrato una perdita del 3%.

Ma al di là degli effetti teatrali e dei proclami urlati attraverso Truth Social, si intravede una realtà ben più concreta: l’Europa non è più il partner debole e accondiscendente di un tempo. Dietro l’apparenza di forza, la strategia dell’ex presidente statunitense mostra i tratti di una messa in scena politica, in cui le azioni impulsive rischiano di trasformarsi in boomerang economici.


Lo schema Trump: populismo economico e minacce scenografiche

Le mosse di Trump ricalcano una pagliacciata già visto: retorica protezionista, annunci sensazionali e una narrazione del commercio globale come una sfida personale. Le sue parole — “l’Europa si è approfittata degli Stati Uniti” e “le trattative non portano a nulla” — dipingono una visione semplificata e distorta delle relazioni commerciali. Un’idea di mondo dove l’interdipendenza globale è ignorata in favore di slogan elettorali.

Le minacce rivolte a Apple e Samsung, accusate di produrre all’estero, rientrano in questa strategia. Ma il tentativo di forzare il rientro della produzione tecnologica negli USA ignora la complessità delle catene di fornitura globali. Secondo Bloomberg, un dazio del 10% sugli iPhone potrebbe aumentare il prezzo al consumo di oltre 100 dollari, penalizzando proprio i consumatori americani.


L’Europa, potenza economica resiliente e autonoma

A differenza della narrazione trumpiana, l’Unione Europea rappresenta oggi un blocco economico solido, con un PIL aggregato di oltre 18 trilioni di euro e una politica commerciale sempre più strategica e autonoma. Le esportazioni italiane verso gli Stati Uniti, pur rilevanti (circa 65 miliardi di euro nel 2024), costituiscono solo una porzione del commercio europeo, che si sta diversificando con investimenti e accordi in Asia, Africa e America Latina.

Le minacce tariffarie di Trump hanno sicuramente generato instabilità nei mercati, ma l’UE dispone di strumenti diplomatici e commerciali per rispondere in modo efficace. La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha ribadito che l’Europa è disposta al dialogo, ma non accetterà imposizioni unilaterali. In passato, l’UE ha già dimostrato di saper applicare contromisure efficaci, colpendo simbolicamente beni iconici americani — dal bourbonalle Harley-Davidson — con danni tangibili per le aziende statunitensi.


Investimenti per l’autonomia e la competitività

Parallelamente, l’Europa sta accelerando verso una maggiore indipendenza economica. Il Green Deal europeo, con oltre 1.000 miliardi di euro di investimenti previsti entro il 2030, sta guidando la transizione ecologica e rafforzando il settore dell’energia rinnovabile. In ambito tecnologico, l’European Chips Act mira a raddoppiare la produzione di semiconduttori, settore cruciale per l’autonomia industriale. Inoltre, l’UE continua a stringere accordi commerciali strategici per limitare l’esposizione a partner considerati incoerenti o inaffidabili.


Uno spettacolo che costa caro alla credibilità americana

Trump continua a presentarsi come il difensore dell’industria americana, ma le sue iniziative sembrano più simili a performance pubblicitarie che a una reale politica industriale. Economisti come Paul Krugman hanno più volte dimostrato come i dazi non portino a un aumento della ricchezza nazionale, ma piuttosto a inflazione, distorsioni di mercato e danni per i consumatori. Secondo Rosenblatt Securities, l’introduzione di dazi su smartphone potrebbe comportare aumenti dei prezzi fino al 43%.

Anche il tentativo di “graziarli” momentaneamente, escludendo temporaneamente alcuni prodotti dai dazi, sembra una mossa più reattiva alle pressioni delle lobby tecnologiche che frutto di un disegno organico.


L’Europa davanti a una sfida: unirsi e guardare avanti

Le provocazioni di Trump rappresentano per l’Europa un’occasione per rafforzare la propria coesione interna. Come osservato da Christine Lagarde, questa fase può essere l’opportunità per costruire un’Europa “più unita e strategica”. Un’Europa che non si lascia intimidire dai toni esasperati e che agisce con coerenza e lungimiranza, può affermarsi come attore globale indipendente.


L’eco di un monologo ormai stanco

Le dichiarazioni di Trump, per quanto appariscenti, rischiano di rivelarsi poco più di fuochi d’artificio mediatici. L’Unione Europea, se saprà mantenere la calma e agire con pragmatismo, potrà non solo resistere, ma addirittura rafforzarsi. I tempi in cui bastava una voce al megafono per dettare le regole sono finiti. L’Europa del 2025 è una potenza economica strutturata, pronta ad affrontare le sfide del mondo multipolare. E mentre Trump prosegue con il suo spettacolo a uso interno, rischia di essere sempre più irrilevante sulla scena internazionale.

Trump, Tariffs, and Europe: A Recycled Spectacle. U.S. Credibility Now Lost

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