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The Smashing Machine: il biopic che trasforma “The Rock” in un gigante fragile

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Di Alberto Invernizzi
e Oscar Francesco Brega
dal Festival del Cinema di Venezia 2025

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The Smashing Machine è un biopic che si distingue dai classici racconti sportivi, scegliendo di indagare più l’uomo che l’atleta, alternando ciò che è il ring con la vita quotidiana. Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia il primo di settembre, è la prima pellicola in cui Benny Safdie lavora individualmente, senza la solita co-direzione con il fratello Josh, che insieme vantano di titoli di spicco come Uncut Gems (2019) e Good Time (2017).

 

 

La storia ruota attorno a Mark Kerr, la Smashing Machine (“Macchina distruttrice”), lottatore di MMA travolto dalle pressioni della competizione, dalle dipendenze e da un’esistenza segnata da fragilità che si nascondono dietro un corpo apparentemente invincibile.

Safdie gira con un’estetica analogica, in pellicola 16mm, privilegiando primi piani intensi e sequenze di combattimento crude, restituendo la violenza del ring e insieme la vulnerabilità dell’anima del protagonista.

Dwayne Johnson offre qui l’interpretazione più sorprendente della sua carriera: un “gigante fragile” capace di lasciare da parte l’immagine del divo d’azione per abbracciare una recitazione intima, emotivamente instabile e sincera. La sua performance è stata accolta a Venezia con una standing ovation di 15 minuti, segno di un riconoscimento che va oltre la curiosità di vedere “The Rock” in un ruolo drammatico. Infatti, già da prima della presentazione del film si parlava già di una possibile nomination all’Oscar per l’attore, che ora sembra sempre più certa.

 

the-smashing-machine-2Al suo fianco Emily Blunt, che interpreta Dawn, compagna e àncora di salvezza, riesce a dare profondità a un personaggio che rischiava di restare stereotipato, portando invece sullo schermo una presenza autentica e commovente. Dawn non è solo accompagnatrice di Mark, ma è anche partecipe e vittima delle pressioni competitive del compagno, dando la possibilità alla Blunt di mostrare quanto anche chi sta vicino a personaggi di spicco è influenzato dai loro successi o fallimenti.

Pur con una sceneggiatura talvolta meno incisiva di quanto si sarebbe potuto sperare, il film si distingue per l’onestà e il coraggio con cui rifiuta la retorica della vittoria e della redenzione eroica: qui la sconfitta non è disfatta, ma un modo per riconquistare dignità e libertà. The Smashing Machine non è un’opera trionfalistica, ma un ritratto umano, intenso e doloroso, che mette a nudo ciò che resta quando i riflettori dello sport si spengono. Safdie firma un film rispettabile, forse non memorabile in ogni suo aspetto, ma capace di mostrare come anche i colossi possano andare in frantumi e trovare proprio lì la loro verità.

A conclusione del Festival di Venezia, The Smashing Machine ha ottenuto un riconoscimento importante: Benny Safdie ha vinto il Leone d’Argento per la miglior regia, distintosi per l’essere andato oltre al banale racconto biografico ormai comune e talvolta ripetivo dal punto di vista registico.

 

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Il film uscirà nelle sale italiane il prossimo 19 novembre distribuito da A24, e siamo sicuri che sarà fra i contendenti delle categorie agli Oscar di regia, attori protagonisti.

Alberto Invernizzi
Oscar Francesco Brega
Festival del Cinema di Venezia 2025

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