di Claudio Pasqua
Una sentenza del giudice di pace di Genova ha stabilito che i tabaccai non sono obbligati ad accettare pagamenti con carta per l’acquisto di sigarette e altri prodotti del monopolio di Stato.
Tradotto per i comuni mortali come me: se vuoi fumare, portati i contanti. La sigaretta diventa così uno degli ultimi piaceri (o vizi) da pagare in moneta sonante, come si faceva quando si telefonava dalla cabina con il gettone.
Ho provato a guardare oltre la questione tecnica. E mi sono chiesto: ha davvero senso, oggi, trattare il fumo come una transazione speciale, analogica diremmo noi?
In un’era in cui compriamo una casa con un clic, firmiamo digitalmente atti e contratti, carichiamo la carta d’identità su un’app per noleggiare un’auto o entrare in un festival…
…perché il fumo rimane ancorato a un rito cartaceo, quasi arcaico?
Secondo i miei conti — che non sono quelli dell’ISTAT, ma nemmeno dell’oste — un fumatore medio spende circa 1000-1500 euro all’anno. Una cifra importante. Se a questa aggiungiamo i 93.000 morti che il fumo provoca ogni anno in Italia e i 26 miliardi di euro che pesano sulle casse pubbliche, il bilancio diventa più tossico del pacchetto stesso.
Mi viene allora da pensare che forse chi fuma dovrebbe contribuire un po’ di più, attraverso una tassa sanitaria mirata: un piccolo sovrapprezzo sul pacchetto per compensare i costi sociali di una libertà che finisce per gravare anche su chi non la esercita.
E no, non è una crociata moralista. Anch’io, come tanti, ho vissuto quel paradosso tutto umano per cui difendiamo un vizio anche quando ci danneggia. Ma la verità è che il fumo è l’unica dipendenza che lo Stato ancora vende col logo ufficiale stampato sopra, fingendo neutralità mentre incassa.
Mi è tornato in mente Platone, che nel Fedro descrive l’anima come un cocchio trainato da due cavalli: uno nobile e ubbidiente alla ragione, l’altro ribelle e attratto dal piacere. Non sempre sono riuscito a tenere le redini. E a volte, lo ammetto, ho lasciato che fosse il cavallo selvaggio a decidere la strada.
Ma ogni tanto mi piace pensare che la vita sia anche il tentativo di invertire la rotta, magari partendo da una moneta in meno e una scelta in più.
Nel frattempo, se il vizio resta analogico, almeno la coscienza ogni tanto si aggiorni alla versione 4.0.
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