Economia

Il Popolo delle Partite IVA in Italia: Numeri, Tendenze e Fragilità di una Colonna dell’Economia Nazionale

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Nella foto: un coworking

In Italia, il “popolo delle Partite IVA” rappresenta una componente essenziale dell’economia e del mercato del lavoro. Dai liberi professionisti regolamentati ai consulenti digitali, dai piccoli artigiani ai freelance del settore creativo, il mondo delle Partite IVA è tanto vasto quanto eterogeneo. Tuttavia, nonostante il suo peso economico e sociale, resta una categoria frammentata, spesso ignorata dalle politiche strutturali. Un’analisi dei dati aggiornati al 2024 aiuta a comprendere dimensioni, evoluzioni e criticità di questo universo lavorativo.

Quanti sono e cosa fanno

APeD – Associazione Progettisti e Designer (una associazione a tutela dei liberi professionisti) ha analizzato la situazione. Nel 2022 erano attive in Italia circa 3,8 milioni di Partite IVA intestate a persone fisiche. Di queste, circa 1,9 milionierano riferite a liberi professionisti, suddivisi in due grandi gruppi: 1,1 milioni di professionisti regolamentati (avvocati, medici, architetti, ecc.), e 2,2 milioni di professionisti non iscritti ad alcun ordine o collegio, come grafici, consulenti, informatici. Questi ultimi rappresentano oltre il 57% del totale degli autonomi, segno di un mercato del lavoro sempre più orientato verso attività indipendenti e “non tradizionali”.

Nel 2024 si sono registrate circa 337.000 nuove aperture di Partite IVA da parte di persone fisiche, con un calo del 2% rispetto all’anno precedente. Si tratta del dato più basso degli ultimi 12 anni (escluso il 2020, segnato dalla pandemia). Tuttavia, quasi il 70% delle nuove Partite IVA ha optato per il regime forfettario, dimostrando la crescente attrattività di questa formula fiscale semplificata, introdotta proprio per favorire l’avvio di piccole attività autonome.

Il regime forfettario, adottato da circa 1,79 milioni di titolari nel 2022, è particolarmente diffuso tra i professionisti (oltre il 66%), e ha visto una nuova spinta nel 2023, grazie all’innalzamento del limite massimo di reddito a 85.000 euro.

Dove operano: i settori più popolati

I settori dove le Partite IVA sono più presenti includono le attività professionali (20% delle nuove aperture nel 2024), ma con un calo significativo rispetto al 2023 (-4,6%). In forte crescita, invece, il comparto dei servizi digitali, sportivi e d’intrattenimento, dove più del 70% dei professionisti sceglie il regime forfettario.

Questo riflette la trasformazione del lavoro autonomo in Italia, sempre più orientato verso servizi agili, digitali e spesso svolti da remoto.

L’impatto sull’economia: un motore sottovalutato

Il contributo delle Partite IVA al Prodotto Interno Lordo è tutt’altro che marginale. I professionisti regolamentati generano circa il 6,6% del PIL nazionale, mentre i professionisti non organizzati – spesso associati in piccole imprese o realtà individuali – contribuiscono per il 9% del PIL a titolo personale e fino al 21% se si includono le aziende collegate.

Il reddito medio dichiarato da chi adotta regimi agevolati (inclusi i forfettari) rappresenta il 29,2% del totale dei redditi delle Partite IVA. Gli autonomi contribuiscono per il 34,9%, gli imprenditori per il 35,5%. Segno che, nonostante le difficoltà, chi lavora in proprio continua a generare valore.

Chi sono i titolari di Partita IVA

Il mondo delle Partite IVA è dominato da una componente maschile (59,2%), ma le donne rappresentano comunque una quota significativa delle nuove aperture (39,6%), con una forte presenza nei servizi, nella sanità e nell’assistenza sociale. Sorprende anche la quota dei giovani under 35, che nel 2024 hanno aperto il 50,9% delle nuove Partite IVA, un segnale positivo ma in calo rispetto al passato, visto il progressivo invecchiamento della popolazione professionale.

Un universo senza voce

Nonostante il loro numero e il loro peso economico, i titolari di Partita IVA restano una categoria poco rappresentata e politicamente fragile. Le grandi confederazioni sindacali (CGIL, CISL, UIL) hanno avviato servizi dedicati – come il SAPI della CISL o i CAAF per l’assistenza fiscale – ma non esiste una rappresentanza unitaria con peso negoziale.

Organizzazioni come Confprofessioni o Confassociazioni cercano di colmare il vuoto, ma solo la prima è riconosciuta come parte sociale dal 2001. Le associazioni minori, come “Partite IVA d’Italia” o “Mamme con la Partita IVA”, hanno visibilità mediatica limitata e un seguito frammentato.

Questa dispersione rende difficile per i partiti individuare un interlocutore valido, e spiega perché le misure politiche rivolte a questa categoria siano quasi esclusivamente fiscali: flat tax, incentivi all’apertura, bonus una tantum. Raramente si affrontano in modo strutturale temi cruciali come la previdenza, la tutela sociale, l’accesso al credito o la conciliazione vita-lavoro.

APeD – Associazione Progettisti e Designer , una associazione che si è alleata con UNSIC Piemonte, stiamo operando per dare maggiore tutela a quelle partite iva che non sono rappresentate da altri sindacati. APeD tutela i progettisti, i designer e i creativi (anche digitali) come presentato nella sua pagina Chi Siamo.

Le criticità strutturali

Oltre alla frammentazione rappresentativa, il mondo delle Partite IVA soffre di alcune debolezze profonde:

  • Le false Partite IVA, ovvero lavoratori dipendenti mascherati da autonomi per convenienza fiscale e contrattuale, che si stima siano circa 600.000.

  • La scarsa protezione previdenziale, soprattutto per i professionisti non iscritti a ordini. Il sussidio ISCRO (una sorta di cassa integrazione per autonomi) è stato attivato solo da una minoranza.

  • L’invecchiamento della base professionale, con quasi un milione di giovani in meno tra il 2013 e il 2024 che scelgono la strada dell’autonomia.

Il “popolo delle Partite IVA” è uno dei motori meno riconosciuti dell’economia italiana. Produce ricchezza, innova, si adatta alle trasformazioni del mercato del lavoro, ma resta spesso ai margini del dibattito politico e delle grandi riforme sociali. Un nuovo patto di rappresentanza, una maggiore attenzione alle tutele e una visione di lungo periodo sono essenziali per restituire dignità e stabilità a milioni di lavoratori e lavoratrici che hanno scelto – o sono stati costretti a scegliere – la via dell’autonomia.

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