Uno dei massimi esperti di lavoro e previdenza ci spiega perché i quesiti referendari sono inutili, disonesti o dannosi.
Giuliano Cazzola Nato a Bologna nel 1941, è stato allievo di Federico Mancini,si è laureato in giurisprudenza all’Alma Mater dove è stato docente di diritto della previdenza sociale. E’ considerato uno dei massimi esperti di lavoro e previdenza. E’ editorialista del Sole 24 Ore e del QN, partecipa a parecchie trasmissioni radiofoniche e televisive, è autore di importanti saggi e di una ventina di libri sui temi del lavoro e del welfare. Dopo aver trascorso una lunga esperienza sindacale ricoprendo incarichi di rilievo locale e nazionale, dal 1994 al 2007 ha svolto funzioni di prestigio e di responsabilità negli enti previdenziali (è stato presidente dei collegi dei sindaci di Inpdap ed Inps) e nell’ambito dell’Unione europea. E’ commendatore al merito della Repubblica. E’ stato deputato del PdL nella XVI Legislatura e vice presidente della Commissione Lavoro, nonché componente della Commissione di vigilanza sugli enti previdenziali.
In un suo recente articolo l’economista Giuliano Cazzola, ha espresso forti critiche sui quesiti referendari. Qui cercheremo di suddividere per punti i concetti, in modo chiaro e accessibile:
Astensione come scelta strategica:
Cazzola sostiene che l’astensione (non ritirare le schede elettorali) sia l’unico voto sensato per opporsi ai referendum, in particolare quelli sul lavoro. Votare “No” rischierebbe di contribuire al raggiungimento del quorum (50%+1 dei votanti), favorendo la vittoria del “Sì”, poiché i promotori dei referendum (soprattutto la CGIL) sono molto organizzati, mentre il fronte del “No” è debole e poco visibile.
Referendum sul Jobs Act
- Il referendum mira ad abrogare il Jobs Act, una riforma del lavoro del 2015 che ha introdotto il contratto a tutele crescenti e modificato l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.
- Cazzola critica i promotori (come Landini della CGIL), accusandoli di mentire: l’abolizione del Jobs Act non riporterebbe la reintegra automatica per i licenziamenti illegittimi, come avveniva prima, ma lascerebbe in vigore la legge del 2012, che prevede risarcimenti economici.
- Il Jobs Act è già stato indebolito da sentenze della Corte Costituzionale, quindi abrogarlo sarebbe come “uccidere un uomo già morto”. Inoltre, i dati mostrano che non ha aumentato i licenziamenti, ma ha favorito l’occupazione, soprattutto a tempo indeterminato.
Referendum sul lavoro a termine
- Questo quesito vuole eliminare la flessibilità nei contratti a termine, che attualmente possono durare 12 mesi senza causale (motivazione specifica). Dopo i 12 mesi, serve una causale prevista dai contratti collettivi.
- Ma abrogare questa norma porterebbe a un aumento dei contenziosi legali, senza garantire più assunzioni a tempo indeterminato. Le aziende, infatti, non assumerebbero stabilmente solo per evitare cause legali.
- I dati (come quelli della Banca d’Italia) mostrano che i contratti a termine sono già in calo e spesso si trasformano in contratti stabili, ma il referendum rischierebbe di rendere il mercato del lavoro più rigido.
Referendum sulla sicurezza sul lavoro
- È l’unico quesito che Cazzola ritiene condivisibile, poiché potrebbe aumentare la tutela dei lavoratori, eliminando alcune eccezioni alla responsabilità dell’appaltante per gli infortuni nelle aziende appaltatrici.
- Tuttavia, anche qui i promotori esagerano, suggerendo benefici maggiori di quelli reali, dato che normative simili esistono già.
Referendum sulla cittadinanza:
- Cazzola non entra nel dettaglio, ma approva il quesito sulla cittadinanza, pur criticando la scelta dei promotori di associarsi ai referendum sul lavoro, che considera meno validi.
Critica alla sinistra “reazionaria”
- Cazzola distingue tra una sinistra “riformista” (che ha sostenuto il Jobs Act per modernizzare il diritto del lavoro) e una sinistra “reazionaria” (che vuole abrogare le riforme senza portare benefici concreti ai lavoratori).
- Il Jobs Act, secondo Cazzola, è stato un passo avanti, elaborato da esperti come Tommaso Nannicini, ma arrivato con vent’anni di ritardo rispetto alle esigenze di modernizzazione del mercato del lavoro.
Rischi per le piccole imprese
- I referendum sul Jobs Act e sulle piccole imprese potrebbero obbligare queste ultime a pagare indennità più alte rispetto alle grandi aziende in caso di licenziamento illegittimo, creando un danno sproporzionato.
Strategia politica della maggioranza
- Cazzola difende la scelta dei partiti di maggioranza (come quello di Giorgia Meloni) di invitare all’astensione. Essi non hanno responsabilità sulle norme contestate dai referendum (anzi, le hanno criticate quando erano all’opposizione). Impegnarsi per il “No” esporrebbe il governo a una possibile sconfitta politica senza motivo.
- L’astensione è quindi una strategia per evitare che i referendum raggiungano il quorum, rendendoli invalidi.
Importanza dell’astensione per i democratici
- Cazzola conclude che l’astensione non è una questione di “galateo elettorale”, ma una necessità per impedire che una sinistra “reazionaria” cancelli riforme utili.
- L’astensione è vista come un modo per “salvare la sinistra da sé stessa”, cioè da scelte che Cazzola considera dannose e retrograde.
In sintesi, l’economista invita all’astensione per bloccare referendum che ritiene inutili o dannosi, accusando i promotori di manipolare l’opinione pubblica e sottolineando che solo il quesito sulla sicurezza sul lavoro ha un valore positivo, ma con limiti. La sua posizione è che astenersi sia una scelta politica e pragmatica per difendere le riforme del lavoro e evitare conseguenze negative.
Per leggere l’articolo completo “Vi spiego perché l’unico voto sensato è l’astensione”
UN RIEPILOGO 
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Tito Boeri sul Referendum: quesiti mal posti e dannosi
L’economista Tito Boeri, ex presidente dell’INPS e figura di riferimento per la sinistra italiana, ha espresso dure critiche ai quesiti referendari sul lavoro promossi dalla CGIL per il voto dell’8 e 9 giugno 2025. Durante un intervento ad Arena Robinson, lo spazio di la Repubblica al Salone del Libro di Torino, Boeri ha definito i quattro quesiti sul lavoro “mal posti e dannosi”, sostenendo che potrebbero produrre effetti opposti a quelli auspicati dai promotori, in particolare riducendo la mobilità lavorativa invece di rafforzare i diritti dei lavoratori.
Secondo Boeri, i quesiti – che mirano ad abrogare parti del Jobs Act e a modificare norme su licenziamenti, contratti a termine e appalti – ignorano le dinamiche attuali del mercato del lavoro italiano, segnato da calo demografico e da una crescente necessità di flessibilità.
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