L’Italia compie un passo importante verso il ritorno all’energia nucleare, entrando ufficialmente a far parte dell’Alleanza Nucleare Europea. L’annuncio è arrivato dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, durante il Consiglio Energia tenutosi a Lussemburgo. Fino ad oggi il nostro Paese aveva partecipato solo come osservatore. Ora, però, il governo decide di tornare protagonista, puntando su nuove tecnologie come i reattori modulari di piccola scala, più sicuri e flessibili. Una scelta già anticipata dalla premier Giorgia Meloni durante il suo intervento all’Assemblea di Confindustria a Bologna.
L’Alleanza, nata per iniziativa della Francia nel 2023, ha preso forma in un momento in cui l’opinione pubblica europea guardava al nucleare con sospetto, preferendo le fonti rinnovabili nella corsa verso la neutralità climatica prevista entro il 2050. Tuttavia, l’instabilità geopolitica e la crisi energetica seguite all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia hanno spinto molti Paesi a rivalutare il ruolo dell’energia atomica.
I Paesi dell’Alleanza e la posizione della Germania
Oggi il gruppo conta 15 membri: oltre alla Francia, vi partecipano Bulgaria, Croazia, Finlandia, Paesi Bassi, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Svezia, Ungheria, Belgio (entrato nel 2024) e ora anche l’Italia. L’Estonia, invece, mantiene lo status di Paese osservatore. Da segnalare l’assenza della Spagna, che pur avendo impianti nucleari non ha aderito formalmente. La Germania, che ha spento le sue centrali e in passato si era opposta fermamente al nucleare, oggi adotta una posizione più morbida: il nuovo esecutivo guidato da Friedrich Merz non intende più ostacolare l’inserimento dell’energia atomica tra le fonti “verdi” a livello normativo europeo, al pari delle rinnovabili.
Al contrario, Austria e Lussemburgo restano nettamente contrari all’utilizzo di questa tecnologia.
Verso una transizione più realistica
A Berlino inizia a farsi largo la consapevolezza che, per centrare gli obiettivi climatici fissati per la metà del secolo, anche il nucleare dovrà avere un ruolo. Una riflessione che trova sempre più spazio anche nei Paesi nordici, dove le energie rinnovabili, pur essendo centrali, non garantiscono una fornitura stabile a causa della loro natura intermittente.
L’Alleanza, quindi, non è solo un patto politico ma un progetto ambizioso per includere il nucleare tra i pilastri della transizione energetica europea, accanto a solare, eolico e altre fonti rinnovabili. Uno degli scopi è facilitare l’accesso a finanziamenti comunitari, sia pubblici che privati, per sostenere lo sviluppo di impianti avanzati come gli SMR (Small Modular Reactors) e gli AMR (Advanced Modular Reactors).
Il ritorno dell’Italia: tra simbolismo e pragmatismo
Il rientro dell’Italia nel mondo del nucleare – dopo i due stop sanciti dai referendum del 1987 e del 2011 – rappresenta anche un gesto simbolico. Il governo vuole costruire un consenso culturale e tecnico, evitando che un terzo abbandono fermi ancora una volta la corsa alla diversificazione energetica.
La Commissione Europea ha già stimato che, da qui al 2050, saranno necessari circa 241 miliardi di euro per sostenere l’intero settore a livello continentale: una cifra enorme che comprende sia la prolungata operatività dei reattori esistenti, sia la costruzione di nuove centrali.
Per l’Italia si apre ora una fase delicata: sarà necessario progettare con lungimiranza e coinvolgere l’opinione pubblica per costruire fiducia. Solo così il nucleare potrà tornare ad essere parte integrante del mix energetico nazionale, contribuendo alla sicurezza, alla sostenibilità e all’autonomia energetica del Paese.
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