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Il Nobel non è cosa da donne!

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Riprendiamo il discorso sul Premi Nobel per la Fisica assegnato ieri a 3 scienziati per i loro studi sul calcolo quantistico.

Il Premio Nobel per la Fisica è la vetta del riconoscimento scientifico mondiale. Eppure, guardando ai suoi numeri, sembra di osservare una montagna con un sentiero riservato quasi esclusivamente agli uomini. Dal 1901 al 2025, su 227 premiati, solo cinque sono donne. Cinque. Un numero che non può più essere giustificato con la scusa della “casualità statistica”.

Il messaggio è brutale ma onesto: il Nobel non è cosa da donne. O, almeno, non ancora.


Cinque donne su 227 uomini. il Nobel? Un secolo di esclusione

Le uniche cinque donne che hanno conquistato il Nobel per la Fisica sono nomi scolpiti nella storia — ma la loro eccezionalità è, purtroppo, la prova del problema.

  • Marie Curie (1903): prima donna Nobel, pioniera della radioattività.

  • Maria Goeppert Mayer (1963): premiata per la teoria del guscio nucleare, dopo anni di lavoro non retribuito.

  • Donna Strickland (2018): vinse per l’invenzione delle amplificazioni di impulsi laser, ma al momento del premio non aveva ancora una pagina Wikipedia.

  • Andrea Ghez (2020): premiata per la scoperta del buco nero al centro della Via Lattea.

  • Anne L’Huillier (2023): insignita per gli studi sugli impulsi di luce attosecondi, e protagonista di una dichiarazione ironica e amara: “Il fatto che ora ci siano tre donne fisiche premiate in pochi anni mostra che qualcosa si muove. Ma siamo ancora lontane dalla parità.”

Dal 2018 al 2025, nessun’altra donna si è aggiunta alla lista. Nel 2025, il Nobel è andato a John Clarke, Michel Devorete John Martinis, per ricerche sulla fisica quantistica macroscopica. Tre uomini, di nuovo.


Il divario dei numeri

Nel complesso, il Nobel per la Fisica è stato assegnato 118 volte a 227 persone. (nobelprize.org)

  • 47 premi a un singolo scienziato,

  • 33 condivisi da due,

  • 38 da tre.

Le donne, nel frattempo, restano appena il 2,2 % del totale.
E questo, in un mondo accademico dove migliaia di ricercatrici lavorano in fisica teorica, ottica, astrofisica, materia condensata, e fisica quantistica.

Il più giovane premiato rimane William Lawrence Bragg, che vinse nel 1915 a soli 25 anni. Il più anziano, Arthur Ashkin, che nel 2018 ricevette il premio a 96 anni. Entrambi uomini: due estremi della stessa linea retta.


Chimica e Medicina: non va molto meglio

Qualcuno potrebbe dire: “La fisica è storicamente un mondo maschile, ma in altri campi le cose vanno meglio.” Non proprio.

  • In Chimica, su 197 vincitori, solo 8 sono donne. (nobelprize.org)
    Tra loro, Curie, Irène Joliot-Curie, Dorothy Hodgkin, Ada Yonath, Frances Arnold, Emmanuelle Charpentier, Jennifer Doudna e Carolyn Bertozzi.
    Cinque di queste hanno vinto dal 2000 in poi: segno che qualcosa si muove, ma con un ritardo di un secolo.

  • In Medicina o Fisiologia, la percentuale di donne premiate resta bassa, anche se in crescita grazie a nomi come Katalin Karikó (2023), la scienziata dei vaccini mRNA.

Secondo un’analisi pubblicata da Science, solo il 7–8 % dei nominati per la Chimica e il 13 % per la Medicina sono donne.
Se le donne non vengono nominate, non potranno mai vincere.


Le escluse illustri

Dietro le cinque vincitrici, si nasconde una lunga lista di scienziate che avrebbero meritato almeno di entrare nella storia del Nobel — e invece sono rimaste ai margini.

  • Lise Meitner, che contribuì alla scoperta della fissione nucleare, vide il premio assegnato solo al suo collega Otto Hahn.

  • Chien-Shiung Wu, che dimostrò sperimentalmente la violazione di parità, fu ignorata mentre i suoi colleghi maschi ricevevano il Nobel nel 1957.

  • Jocelyn Bell Burnell, che scoprì le pulsar durante il dottorato, non fu inclusa tra i premiati del 1974.

Sono nomi noti, studiati, onorati da università e riviste scientifiche — ma non dal comitato Nobel. E questo, più di ogni statistica, racconta un sistema che ha preferito guardare altrove.


“Il merito è neutro”? Davvero?

Il mito della scienza neutrale è comodo, ma falso. Il “merito” scientifico è sempre filtrato da reti di potere, visibilità, accesso alle risorse, e — sì — pregiudizi culturali.
Per decenni, le donne sono state escluse dai laboratori, dai fondi, dai ruoli accademici di vertice. Molte hanno lavorato come assistenti non retribuite, come fece Maria Goeppert Mayer. Altre, come Donna Strickland, sono state “invisibili” fino al momento stesso della vittoria.

Il Nobel non misura soltanto il valore scientifico: misura chi il mondo decide di ascoltare.
E il mondo, troppo spesso, ascolta ancora voci maschili.


Verso il cambiamento

La soluzione non è semplice, ma è chiara:

  • Diversificare le commissioni di nomina e selezione.

  • Promuovere criteri trasparenti di valutazione.

  • Sostenere le carriere scientifiche femminili nei momenti critici.

  • Creare reti di mentoring e visibilità.

  • Riconoscere pubblicamente le scienziate escluse, come atto di giustizia culturale.

Perché finché il Nobel rimarrà simbolo di un’élite chiusa, non sarà davvero il “premio del merito”: sarà il premio del privilegio.

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