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Muore il Nobel James Watson: scoprì (non da solo) l’elica del DNA

Nobel laureate Dr. James D. Watson, Chancellor, Cold Spring Harbor Laboratory.

È morto all’età di 97 anni James Watson, scienziato statunitense che, nel 1953, contribuì in modo determinante alla scoperta della struttura a doppia elica del DNA. Insieme ai ricercatori britannici Francis Crick e Maurice Wilkins, ricevette nel 1962 il Premio Nobel per la Medicina per questa scoperta, che per la prima volta spiegava in modo completo il funzionamento del DNA. Tale risultato rappresentò una svolta fondamentale per comprendere la vita e diede impulso a numerose ricerche che avrebbero poi segnato l’evoluzione della biologia moderna.

Quando pubblicò l’articolo su Nature insieme a Crick, Watson aveva appena 25 anni. Tuttavia, nel corso di quelle ricerche non riconobbe adeguatamente il contributo della chimica Rosalind Franklin, la cui analisi tramite immagini a raggi X fu essenziale per individuare la forma del DNA. Senza i suoi dati, probabilmente Watson e Crick non sarebbero riusciti a battere sul tempo altri studiosi, come Linus Pauling, che erano molto vicini alla stessa scoperta.

Il successo del 1953 rese Watson una figura di primo piano nella scienza del Novecento e uno dei fondatori della biologia molecolare. Dal 1968 al 1993 fu direttore del Cold Spring Harbor Laboratory di New York, che sotto la sua guida divenne uno dei centri più importanti al mondo per la ricerca biologica.

Nonostante il prestigio, Watson era noto per il suo carattere difficile e polemico, tanto da essere soprannominato il “Caligola della biologia”. Dal 2007 in poi fu emarginato dalla comunità scientifica a causa di affermazioni razziste, tra cui l’idea, espressa in un’intervista al Sunday Times, che le persone nere fossero meno intelligenti delle bianche — una convinzione che ripeté più volte.

Nel 2014, sentendosi escluso dal mondo accademico e affermando di avere bisogno di denaro, Watson decise di vendere all’asta la sua medaglia del Nobel, che fu acquistata per quasi 5 milioni di dollari da un miliardario russo. Quest’ultimo, l’anno seguente, gliela restituì.

I rapporti difficili con i colleghi risalivano già al 1968, quando Watson pubblicò la sua autobiografia La doppia elica, in cui minimizzò il ruolo degli altri ricercatori nella scoperta del DNA e esaltò soprattutto il proprio contributo. Nel libro, inoltre, si riferiva a Rosalind Franklin con il diminutivo “Rosy” — che lei non usava — criticandone l’aspetto e presentandola erroneamente come assistente di un altro scienziato.

Durante il suo periodo come docente ad Harvard, Watson mantenne lo stesso atteggiamento sprezzante, accusando i colleghi che non lavoravano nel suo ambito di “collezionare francobolli”, ossia di occuparsi di ricerche inutili.

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