L’Italia si indigna. La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, annuncia alla Sorbona di Parigi un piano da 500 milioni di euro per attrarre ricercatori, e il nostro governo grida allo scandalo: “Perché proprio a Parigi? C’è un tema politico!”.
Purtroppo il vero scandalo non è che Macron abbia rubato la scena. Il vero scandalo è che per decenni i governi italiani, di ogni colore, hanno trasformato la ricerca in una Cenerentola, lasciando che i nostri migliori talenti fuggissero all’estero, dove trovano ciò che qui manca: fondi, meritocrazia, futuro.
L’irritazione della ministra Bernini è fuori luogo. L’Italia, ci dice, “ha già agito” con un bando da 50 milioni di euro per il rientro dei ricercatori. Cinquanta milioni! Una cifra che, confrontata con i fondi europei, sembra un’elemosina. E vogliamo parlare delle condizioni di lavoro? In Italia, un ricercatore guadagna in media 38 mila euro l’anno, contro i 52 mila della Francia. La precarietà è la norma, con contratti a termine e stipendi che non permettono nemmeno l’indipendenza economica.
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Insufficienza dei fondi rispetto alle esigenze strutturali
Il bando, finanziato con 50 milioni di euro tramite il PNRR, è stato criticato per essere una misura limitata e temporanea, incapace di affrontare le cause profonde della fuga dei cervelli. Rispetto ai 500 milioni di euro annunciati dall’UE per attrarre ricercatori, i 50 milioni italiani appaiono come una cifra modesta. Inoltre, il contributo massimo di 1 milione di euro per progetto (durata massima 36 mesi) è ritenuto insufficiente per competere con i salari e le infrastrutture offerte da paesi come Germania, Regno Unito o Stati Uniti, dove i ricercatori italiani trovano migliori condizioni economiche e professionali. Su X, alcuni utenti hanno definito il bando “una goccia nel mare”, evidenziando che il problema non è solo attrarre ricercatori, ma garantire loro stabilità e prospettive di carriera a lungo termine. -
Mancanza di riforme strutturali
Una critica ricorrente è che il bando non si accompagna a riforme sistemiche per rendere il sistema accademico italiano più attrattivo. La precarietà lavorativa, i salari bassi (in media 38.000 euro annui contro i 52.000 in Francia) e la burocrazia soffocante sono ostacoli ben noti, ma non affrontati dal bando. Ad esempio, l’Associazione Ricercatori in Sanità ha denunciato il blocco delle stabilizzazioni per cavilli burocratici, mentre i precari universitari lamentano tagli al Fondo di Finanziamento Ordinario (700 milioni in meno negli ultimi anni). Su X, ricercatori come Silvia Ronchi, che lavora a Basilea, hanno sottolineato che i salari italiani non permettono l’indipendenza economica, rendendo poco allettante il rientro. -
Tempistica e modalità di comunicazione
Il bando è stato al centro di polemiche per la sua presentazione in concomitanza con l’annuncio europeo alla Sorbona, che ha irritato il governo italiano. La ministra Anna Maria Bernini ha lamentato che l’Italia “ha già agito” con il bando, ma la comunicazione tardiva dell’evento parigino (notificata al MUR solo il venerdì precedente) è stata percepita come uno “sgarbo” diplomatico. Alcuni critici, tuttavia, vedono in questa reazione un tentativo di mascherare l’incapacità italiana di competere a livello internazionale. Su X, diversi utenti hanno ironizzato sulla “gelosia” italiana, sostenendo che il problema non è la Sorbona, ma la marginalità dell’Italia nella ricerca globale. -
Accesso limitato e criteri restrittivi
Il bando è riservato ai vincitori di Starting Grant o Consolidator Grant dell’European Research Council (ERC), un requisito che restringe significativamente il bacino di beneficiari. Critici su X hanno evidenziato che questa scelta esclude molti ricercatori di talento che non hanno avuto accesso a tali grant, spesso per mancanza di supporto istituzionale in Italia. Inoltre, il 40% dei fondi è destinato al Mezzogiorno, una misura lodevole ma che, secondo alcuni, rischia di essere inefficace senza infrastrutture adeguate nelle regioni del Sud. -
Sostenibilità e continuità dei finanziamenti
Il fatto che il bando sia finanziato tramite il PNRR, con risorse non strutturali, ha sollevato dubbi sulla sua sostenibilità. Una volta esauriti i fondi, non è chiaro come i ricercatori rientrati saranno supportati. Questo aspetto è stato criticato da associazioni di ricercatori, che denunciano la tendenza italiana a lanciare iniziative “spot” senza una visione di lungo periodo. Un post su X ha paragonato il bando a “un fuoco di paglia”, sottolineando che senza investimenti stabili, i ricercatori potrebbero rientrare solo per trovarsi di nuovo in un sistema precario. -
Confronto con il passato e ipocrisia politica
Il bando è stato accusato di essere una mossa propagandistica per rispondere alle critiche sulla fuga dei cervelli, senza affrontare il fallimento storico dei governi italiani. Come evidenziato nel tuo input, figure come Marconi e Levi-Montalcini hanno dovuto cercare all’estero (Regno Unito e Stati Uniti) le risorse per eccellere, e oggi due terzi dei ricercatori italiani vincitori di grant ERC lavorano fuori dall’Italia. Su X, alcuni utenti hanno accusato il governo di “vantarsi di briciole” mentre ignora decenni di sottofinanziamento e clientelismo accademico.
Silvia Ronchi, ricercatrice a Basilea, lo ha detto chiaro: “Con mille euro al mese, come fai a vivere da solo?”. Intanto, in Svizzera, lei guadagna cinque volte tanto. E non è un caso isolato: due terzi dei ricercatori italiani vincitori di grant ERC lavorano all’estero.
Cosa si può fare con 50 milioni di euro? Ben poco…
In un Paese che ha perso 87.000 ricercatori in un decennio, finanziare solo 50 progetti è una goccia nell’oceano. Ad esempio, il Fondo Italiano per la Scienza dispone di 150 milioni annui dal 2022, e il PNRR ha stanziato miliardi per ricerca e innovazione, ma la frammentazione dei fondi riduce l’impatto complessivo.
Per quanto tempo sono sufficienti?
I 50 milioni coprono progetti di 36 mesi, quindi l’impatto diretto si esaurirà entro il 2028, assumendo che i progetti partano nel 2025.
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Effetto a lungo termine: L’efficacia dipenderà dalla capacità di trattenere i ricercatori in Italia dopo i 36 mesi. Senza opportunità di carriera stabili (es. posizioni permanenti o ulteriori finanziamenti), molti potrebbero lasciare nuovamente il Paese.
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Risorse aggiuntive: Se i 105 milioni aggiuntivi del PNRR fossero allocati, come suggerito, si potrebbero finanziare altri progetti, prolungando l’impatto. Tuttavia, la mancanza di un impegno strutturale rende incerta la sostenibilità oltre il 2028.
Confronto con altre iniziative
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Programma Montalcini: Nel 2021, 7 milioni di euro hanno finanziato 30 contratti per giovani ricercatori, con un impatto limitato rispetto ai 50 milioni attuali.
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Fondo Italiano per la Scienza: Dispone di 150 milioni annui dal 2022, ma copre un’ampia gamma di progetti, non solo l’attrazione di ricercatori dall’estero.
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Europa: L’ERC ha assegnato 652 milioni a 255 ricercatori nel 2024 (Advanced Grants), ma l’Italia ha ospitato solo 12 progetti, evidenziando la scarsa competitività del sistema italiano rispetto a Germania o Francia.
La storia si ripete
Guglielmo Marconi dovette andare in Inghilterra per vedere riconosciute le sue invenzioni. Rita Levi-Montalcini trovò negli Stati Uniti l’ambiente per scoprire il fattore di crescita nervoso, che le valse il Nobel. E oggi? I nostri ricercatori continuano a brillare, ma lontano da casa. Il governo si vanta di incentivi fiscali e di un bando finanziato dal PNRR, ma questi sono cerotti su una ferita aperta. La ricerca italiana è soffocata da burocrazia, tagli al Fondo di Finanziamento Ordinario (700 milioni in meno, denunciano i precari a Bologna), e un sistema universitario che premia clientele e baronati anziché il merito.
- Guglielmo Marconi (Nobel per la Fisica, 1909)
- Contributo: Premiato «per il contributo allo sviluppo della telegrafia senza fili». Marconi sviluppò la radio, rivoluzionando le comunicazioni a lunga distanza.
- Nel secolo scorso, durante la guida del ministero delle Poste e Telegrafi, il politico Pietro Lacava ricevette una lettera da Guglielmo Marconi in persona il quale illustrò l’invenzione del telegrafo senza fili chiedendo finanziamenti. La lettera non ottenne risposta e venne liquidata dal ministro con la scritta «alla Longara», intendendo il manicomio posto in via della Lungara a Roma. Per il ministro erano farneticazioni di un pazzo. Marconi non ottenendo risposta andò in Inghilterra dove, presentato il suo lavoro, ottenne il brevetto e i necessari finanziamenti.
- Rita Levi-Montalcini (Nobel per la Medicina, 1986)
- Contributo: Premiata insieme a Stanley Cohen «per la scoperta del fattore di crescita nervosa (NGF)», una proteina chiave per la crescita e lo sviluppo delle cellule nervose, con implicazioni per malattie come il cancro e l’Alzheimer.
- Ruolo degli USA: Levi-Montalcini, nata a Torino nel 1909, emigrò negli Stati Uniti nel 1947, invitata dal professor Viktor Hamburger alla Washington University di St. Louis. Qui, negli anni ’50, isolò l’NGF in collaborazione con Stanley Cohen, utilizzando laboratori avanzati americani. Il lavoro premiato fu condotto interamente negli USA, dove rimase fino al 1977, diventando professoressa associata (1956) e ordinaria (1958).
- Nota: La sua ricerca negli USA fu cruciale per il Nobel. Nonostante le difficoltà iniziali in Italia a causa delle leggi razziali fasciste, il contesto americano le fornì le risorse necessarie per completare le sue scoperte. Fu la prima donna italiana a vincere un Nobel scientifico.
- Federico Faggin
- Contributo: Faggin è celebre per aver progettato il primo microprocessore commerciale al mondo, l’Intel 4004, nel 1971, rivoluzionando l’informatica. Ha ricevuto la National Medal of Technology and Innovation (2009) dal presidente Obama e altri riconoscimenti, come il Kyoto Prize (1997).
- Ruolo degli USA: Nato a Vicenza nel 1941, Faggin si trasferì negli Stati Uniti nel 1968 per lavorare presso la Fairchild Semiconductor in California. Successivamente, presso Intel, guidò lo sviluppo dell’Intel 4004 e di altri microprocessori (es. 8008, 8080). Fondò poi Zilog, dove progettò il microprocessore Z80, e Synaptics, pioniera delle interfacce touch. Il suo lavoro innovativo è stato interamente svolto in laboratori americani, in particolare nella Silicon Valley.
- Nota: Sebbene non abbia vinto un Nobel, il suo contributo è paragonabile per impatto. I laboratori USA, con le loro risorse e il clima innovativo della Silicon Valley, furono essenziali per le sue invenzioni.
- Enrico Fermi (Nobel per la Fisica, 1938)
- Contributo: Premiato «per le sue dimostrazioni dell’esistenza di nuovi elementi radioattivi prodotti da irraggiamento neutronico e per la scoperta delle reazioni nucleari causate dai neutroni lenti».
- Ruolo degli USA: Il lavoro premiato fu svolto in Italia, ma Fermi emigrò negli Stati Uniti nel 1938, lavorando all’Università di Chicago e contribuendo al Progetto Manhattan. La sua carriera negli USA è rilevante per il contesto scientifico successivo, ma non per il Nobel.
- Nota: Incluso per completezza, ma il Nobel non è legato ai laboratori USA.
- Emilio Segrè (Nobel per la Fisica, 1959)
- Contributo: Premiato «per la scoperta dell’antiprotone».
- Ruolo degli USA: Emigrato negli USA nel 1938, Segrè lavorò al Berkeley Radiation Laboratory, dove condusse le ricerche premiate utilizzando il Bevatron.
- Nota: Il contesto USA fu cruciale per il Nobel.
- Salvatore Luria (Nobel per la Medicina, 1969)
- Contributo: Premiato «per le scoperte sui meccanismi di replicazione e la struttura genetica dei virus».
- Ruolo degli USA: Luria lavorò presso Indiana University e MIT, conducendo le ricerche premiate negli USA.
- Nota: Fondamentale il contributo dei laboratori americani.
- Renato Dulbecco (Nobel per la Medicina, 1975)
- Contributo: Premiato «per le scoperte sull’interazione tra virus tumorali e il materiale genetico delle cellule».
- Ruolo degli USA: Dulbecco lavorò al Caltech e al Salk Institute, dove condusse le ricerche premiate.
- Nota: Gli USA furono essenziali per il suo lavoro.
- Riccardo Giacconi (Nobel per la Fisica, 2002)
- Contributo: Premiato «per i contributi pionieristici all’astrofisica, in particolare per la scoperta delle sorgenti cosmiche di raggi X».
- Ruolo degli USA: Giacconi lavorò presso l’American Science and Engineering e Harvard-Smithsonian Center, sviluppando il satellite Uhuru.
- Nota: Il lavoro premiato fu svolto negli USA.
- Mario Capecchi (Nobel per la Medicina, 2007)
- Contributo: Premiato «per le scoperte sui principi per l’introduzione di specifiche modificazioni genetiche nei topi mediante l’uso di cellule staminali embrionali».
- Ruolo degli USA: Capecchi condusse le sue ricerche all’Università dello Utah, utilizzando laboratori americani.
- Nota: Il contesto USA fu determinante.
- Ilaria Capua
- Contributo: Virologa di fama internazionale, Capua ha rivoluzionato la condivisione dei dati genetici dei virus, promuovendo la trasparenza nella ricerca sull’influenza aviaria. È nota per aver depositato la sequenza genetica del virus H5N1 in un database pubblico nel 2006, sfidando le restrizioni tradizionali. Ha ricevuto riconoscimenti come il Revolutionary Mind Award di Seed Magazine (2007) e l’inclusione tra le “50 donne scienziate più influenti” da Scientific American.
- Ruolo degli USA: Capua si è trasferita negli Stati Uniti nel 2013 per dirigere il One Health Center of Excellence presso l’Università della Florida. Qui ha continuato le sue ricerche su virus zoonotici e salute globale, beneficiando delle risorse avanzate dei laboratori americani. Il suo lavoro negli USA non è stato direttamente legato a un premio Nobel, ma ha consolidato la sua reputazione internazionale.
- Accuse e assoluzione: Nel 2014, Capua fu accusata in Italia di presunto traffico illecito di virus e vaccini, in un’indagine che coinvolse anche altre figure. Le accuse, amplificate da una campagna mediatica, furono definite da molti come diffamatorie e prive di fondamento. Nel 2016, fu completamente assolta da tutte le imputazioni, con il tribunale che riconobbe l’infondatezza delle accuse. La vicenda contribuì alla sua decisione di lasciare l’Italia per gli USA, come evidenziato anche in post su X che descrivono una campagna denigratoria contro di lei.
- Nota: Il trasferimento negli USA le ha permesso di continuare la sua carriera in un ambiente più favorevole. Le accuse infondate hanno avuto un impatto significativo sulla sua vita, ma la sua assoluzione ha confermato la sua integrità scientifica.
Ma l’elenco potrebbe continuare….
E poi c’è l’ipocrisia. Bernini si lamenta della Sorbona, ma tace sul fatto che l’Italia è sestultima in Europa per utilizzo dei fondi strutturali UE, con solo il 20% delle risorse per ricerca e occupazione speso. Tace sulla precarietà endemica, con ricercatori che, come denuncia l’Associazione Ricercatori in Sanità, vedono bloccate le stabilizzazioni per cavilli burocratici. Tace su un sistema che spinge i giovani a emigrare, per poi vantarsi di volerli “riattrarre” con briciole.
L’Italia non ha bisogno di indignarsi per Macron. Ha bisogno di guardarsi allo specchio e ammettere che la fuga dei cervelli non è un destino, ma il risultato di scelte politiche scellerate. Vogliamo davvero competere con la Francia, con la Germania, con gli Stati Uniti? Allora investiamo nella ricerca, non con bandi-spot, ma con un piano strutturale: stipendi dignitosi, contratti stabili, infrastrutture moderne. Altrimenti, continueremo a produrre talenti per il mondo, mentre noi restiamo a litigare per una cerimonia alla Sorbona.
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