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Le politiche di Trump criticate dai “premi Nobel” dell’economia

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Le politiche economiche di Donald Trump, durante il suo secondo mandato iniziato nel 2025, hanno alimentato un intenso dibattito tra gli economisti, divisi tra critiche severe e valutazioni più favorevoli. Le aree di maggiore discussione includono tariffe doganali, tagli fiscali, deregolamentazione, politiche migratorie e possibili interferenze con la Federal Reserve.
L’analisi che segue, basata su fonti aggiornate e affidabili, sintetizza i principali punti di vista.


1. Tariffe doganali

Trump ha posto le tariffe al centro della sua strategia economica, adottando un approccio di “industrializzazione per sostituzione delle importazioni” per proteggere l’industria nazionale e ridurre il deficit commerciale. Ha introdotto tariffe del 10-20% su tutte le importazioni e fino al 60% su quelle provenienti dalla Cina.

Critiche principali:

  • Inflazione: Sedici Premi Nobel per l’Economia, tra cui Joseph Stiglitz e Robert Shiller, avvertono che le tariffe aumenteranno i prezzi al consumo. Il Peterson Institute stima un’inflazione compresa tra il 6 e il 9,3% entro il 2026. (Errore nel testo originale: dati duplicati e spiegazione ripetitiva).

  • Crescita economica: Il Penn Wharton Budget Model prevede una riduzione dell’8% del PIL e del 7% dei salari a lungo termine, con una perdita media di 58.000 dollari per famiglia.

  • Deficit commerciale: Economisti come Dani Rodrik (Harvard) criticano l’ossessione di Trump per i deficit bilaterali, ritenendola “priva di fondamento teorico”.

  • Ritorsioni: Paesi come Cina, Canada e Messico hanno imposto contromisure, penalizzando settori chiave come l’agricoltura.


2. Tagli fiscali

Trump intende prolungare i tagli fiscali del Tax Cuts and Jobs Act del 2017, con un costo stimato di 4,5-5 trilioni di dollari in dieci anni.

Critiche principali:

  • Deficit federale: Secondo il Congressional Budget Office, l’estensione aumenterà il debito pubblico senza un impatto proporzionale sulla crescita. (Errore originale: “deficit fiscale” è improprio; si parla di “deficit federale” o “debito pubblico”).

  • Inflazione: Un aumento della domanda, combinato con le tariffe, potrebbe accentuare le pressioni sui prezzi.

  • Efficacia limitata: Studi dell’Economic Policy Institute indicano che i tagli del 2017 non hanno generato gli investimenti promessi.


3. Deregolamentazione

L’agenda di deregolamentazione, inclusa la creazione del Department of Government Efficiency guidato da Elon Musk, mira a semplificare la burocrazia federale.

Critiche principali:

  • Instabilità istituzionale: Un’eccessiva riduzione delle regole e del personale può minare la fiducia nelle istituzioni.

  • Effetti ambientali: L’abolizione di norme dell’Inflation Reduction Act rischia di rallentare la transizione verso le energie rinnovabili.


4. Politiche migratorie

Trump ha annunciato piani per deportare fino a 11 milioni di immigrati irregolari.

Critiche principali:

  • Mercato del lavoro: La perdita di manodopera in settori come edilizia e agricoltura potrebbe far salire i costi e spingere l’inflazione al 9,1% entro il 2028 (Peterson Institute).

  • Crescita: Il Brookings Institution stima un calo dello 0,5% del PIL già nel 2025.

  • Incertezza economica: Le misure potrebbero deprimere la fiducia di imprese e consumatori.


5. Federal Reserve

Trump ha criticato l’indipendenza della Federal Reserve, lasciando intendere l’intenzione di influenzarne le decisioni sui tassi di interesse.

Critiche principali:

  • Rischio inflazionistico: Mantenere artificialmente bassi i tassi in un contesto di alta inflazione potrebbe minare la stabilità monetaria.

  • Credibilità: L’indipendenza della Fed è considerata un pilastro della fiducia internazionale nel dollaro.


6. Percezione pubblica e dati

  • Approvazione: Secondo Economist/YouGov, a metà 2025 il 51% degli americani disapprova la gestione economica di Trump.

  • Situazione economica: Inflazione moderata e mercato del lavoro forte, ma segnali di rallentamento del PIL nell’ultimo trimestre.


Riassumendo

Ovviamente ci sono anche opinioni favorevoli come quella di Scott Bessent che però è Segretario al Tesoro e dunque non privo di conflitti di interesse, che dichiara come le riduzioni fiscali incentiveranno gli investimenti e la competitività delle imprese USA. Lui e una minoranza conservatrice (sic!), vede in tariffe e deregolamentazione un’occasione per rafforzare il tessuto industriale e ridurre la dipendenza dall’estero.

Ma la maggioranza degli economisti teme che la combinazione di tariffe, tagli fiscali e restrizioni migratorie non potrà far altro  generare inflazione, frenare la crescita e ampliare il debito federale.

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