Circa 4000 anni fa, nell’area di Stonehenge, i pastori del Neolitico iniziarono a utilizzare la lana come materiale primario per i loro indumenti. Questo cambiamento, all’apparenza semplice, ha avuto conseguenze profonde non solo sul piano culturale ed economico, ma anche sulla salute delle comunità umane.
Uno studio recente, basato sull’analisi di resti umani datati tra l’Età del Bronzo e il Medioevo nel Regno Unito, ha rivelato come l’introduzione della lana e la vita in gruppi numerosi abbiano favorito la diffusione e l’aumento della letalità di Borrelia recurrentis, un batterio trasmesso dai pidocchi e responsabile di epidemie devastanti nelle civiltà antiche.
La Lana e le Nuove Dinamiche Sociali
Durante il Neolitico, l’adozione della lana come tessuto ha segnato una svolta nella storia umana. Rispetto alle pelli animali o ai materiali vegetali, la lana offriva maggiore resistenza, calore e versatilità, diventando rapidamente un elemento centrale nella vita quotidiana.
Tuttavia, questa innovazione portava con sé conseguenze inattese: la struttura densa della lana e il suo uso prolungato creavano un habitat ideale per i pidocchi, insetti vettori del batterio Borrelia recurrentis. A ciò si aggiungeva l’aumento della densità abitativa: le comunità neolitiche, sempre più organizzate in villaggi e gruppi numerosi, favorivano il contatto ravvicinato, facilitando la trasmissione del patogeno.
Borrelia recurrentis: un Batterio Opportunista
Borrelia recurrentis è un batterio a forma spiraliforme, responsabile della febbre ricorrente, malattia caratterizzata da:
- febbri intermittenti,
- dolori muscolari,
e, nei casi più gravi, complicazioni potenzialmente letali.
Trasmettendosi principalmente attraverso i pidocchi del corpo umano, trovava condizioni ideali nei villaggi neolitici, dove l’igiene era limitata, gli indumenti venivano riutilizzati a lungo e le persone vivevano in prossimità costante.
Lo studio condotto su resti umani britannici ha evidenziato che il batterio è diventato progressivamente più letale nel tempo, probabilmente in risposta alle nuove condizioni ambientali e sociali che lo favorivano.
L’Evoluzione della Letalità
I ricercatori, analizzando DNA antico prelevato da individui vissuti tra Età del Bronzo e Medioevo, sono riusciti a ricostruire l’evoluzione genetica di Borrelia recurrentis. I risultati suggeriscono che il batterio abbia subito mutazioni che ne hanno aumentato la virulenza, adattandosi alla trasmissione sempre più efficiente da uomo a uomo.
Questo processo è stato favorito da:
- l’uso diffuso della lana,
- il contatto frequente tra individui,
- le prime reti di interconnessione tra comunità.
Le epidemie di febbre ricorrente, oggi quasi scomparse grazie a migliori condizioni igieniche, rappresentavano in passato una minaccia concreta per intere popolazioni.
Implicazioni Storiche e Moderne
Questa scoperta getta nuova luce sul ruolo delle innovazioni culturali nel determinare l’impatto sulla salute umana. Quello che sembrava un progresso evidente – l’uso di un tessuto più pratico e caldo – si è rivelato anche un veicolo di rischio biologico.
Lo studio evidenzia l’importanza di analizzare le interazioni tra ambiente, tecnologia e biologia per comprendere la storia dell’uomo. In un’epoca come la nostra, in cui malattie zoonotiche e resistenze batteriche rappresentano minacce globali, lo studio dell’evoluzione dei patogeni antichi può offrire preziose indicazioni per prevenire future epidemie.
L’introduzione della lana nel Neolitico non fu soltanto una rivoluzione tecnologica, ma anche un catalizzatore di trasformazioni biologiche e sociali. La storia di Borrelia recurrentis ci ricorda come le innovazioni, pur migliorando la qualità della vita, possano avere effetti collaterali imprevedibili.
Grazie agli studi sul DNA antico, oggi possiamo ricostruire queste dinamiche storiche, migliorare la nostra comprensione del passato e prepararci meglio per affrontare le sfide sanitarie del futuro.
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