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Scienziati irascibili 1: grandi menti piccole persone. Il lato oscuro degli scienziati

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Gli scienziati non sono come ce li descrivono: irascibili, controversi e irrispettosi contro i loro stessi colleghi. Grandi menti ma a volte piccole persone privi di empatia

Quando pensiamo agli scienziati, l’immagine comune è quella di menti brillanti dedite alla ricerca della verità, ma la realtà è più complessa. Gli scienziati sono esseri umani, con virtù e difetti, spesso irascibili, controversi e persino irrispettosi verso i colleghi. La storia della scienza è costellata di grandi scoperte, ma anche di rivalità, egoismi e ingiustizie, tra cui disparità sessiste che hanno penalizzato donne di talento. Questo articolo esplora il lato umano degli scienziati, con un focus particolare su casi come il “Nobel sottratto” per la scoperta del DNA e altre discriminazioni di genere, mostrando come le debolezze personali e i pregiudizi sistemici abbiano influenzato il progresso scientifico.

Il Mito dello Scienziato Eroico

La narrativa popolare dipinge gli scienziati come figure razionali, quasi mitologiche, come Galileo Galilei, che sfidò l’autorità ecclesiastica, o Albert Einstein, il genio che rivoluzionò la fisica. Tuttavia, questa idealizzazione nasconde una verità scomoda: gli scienziati sono soggetti a passioni, ambizioni e conflitti personali. La scienza, lungi dall’essere un’attività puramente oggettiva, è un’impresa umana, segnata da rivalità, egoismi e, in molti casi, pregiudizi di genere che hanno ostacolato il riconoscimento delle donne.

Rivalità e Polemiche: il caso del Nobel del DNA

Uno degli esempi più noti di ingiustizia scientifica è legato alla scoperta della struttura del DNA. Nel 1953, James Watson e Francis Crick pubblicarono il modello a doppia elica, una pietra miliare della biologia moderna, che valse loro il Premio Nobel nel 1962, condiviso con Maurice Wilkins. Tuttavia, il contributo di Rosalind Franklin, una cristallografa di straordinario talento, fu scandalosamente sottovalutato.
Franklin produsse le immagini di diffrazione a raggi X (in particolare la famosa “Fotografia 51”) che furono cruciali per dedurre la struttura del DNA. Senza il suo permesso, Wilkins mostrò questi dati a Watson, che li usò per sviluppare il modello. Watson e Crick menzionarono Franklin solo marginalmente nella loro pubblicazione, e il suo ruolo fu ulteriormente sminuito quando Watson, nel suo libro The Double Helix (1968), la descrisse in termini sprezzanti, come una figura ostile e poco collaborativa, usando il soprannome denigratorio “Rosy”. Questo atteggiamento rifletteva non solo una rivalità personale, ma anche il sessismo dilagante nell’ambiente scientifico dell’epoca.
Franklin morì di cancro nel 1958, a soli 37 anni, e non poté difendere il proprio contributo. Poiché il Nobel non viene assegnato postumo, non fu considerata per il premio, ma la comunità scientifica oggi riconosce che il suo lavoro meritava un riconoscimento pari a quello dei colleghi maschi. Questo caso, spesso descritto come il “Nobel sottratto”, è un simbolo delle disparità sessiste che hanno segnato la scienza.

Altri esempi di disparità sessiste

Il caso di Franklin non è isolato. Molte donne scienziate hanno subito discriminazioni, vedendo i loro contributi ignorati o attribuiti a colleghi maschi. Ecco alcuni esempi significativi:
  • Lise Meitner e la fissione nucleare: Meitner, fisica austriaca, giocò un ruolo chiave nella scoperta della fissione nucleare negli anni ’30, collaborando con Otto Hahn. Otto Meitner è stato un errore, il suo nome è Otto Hahn. Tuttavia, quando Hahn ricevette il Nobel per la chimica nel 1944, Meitner fu esclusa, nonostante avesse fornito l’interpretazione teorica cruciale. Hahn minimizzò il suo contributo, e Meitner, ebrea costretta a fuggire dalla Germania nazista, fu ulteriormente emarginata. Solo anni dopo le fu riconosciuto il merito, con premi come il Fermi Award, ma il Nobel le fu negato.
  • Jocelyn Bell Burnell e i pulsar: Nel 1967, Bell Burnell, allora studentessa di dottorato, scoprì i primi pulsar, segnali radio emessi da stelle di neutroni. Il suo supervisore, Antony Hewish, ricevette il Nobel per la fisica nel 1974, insieme a Martin Ryle, ma Bell Burnell fu esclusa. Sebbene abbia minimizzato la controversia, molti nella comunità scientifica considerano la sua esclusione un’ingiustizia, influenzata dal suo status di giovane donna in un campo dominato dagli uomini.
  • Chien-Shiung Wu e la parità in fisica: Wu, fisica sperimentale, confermò sperimentalmente la violazione della parità nelle interazioni deboli, un risultato fondamentale per la fisica delle particelle. I teorici Tsung-Dao Lee e Chen-Ning Yang ricevettero il Nobel nel 1957, ma Wu, il cui lavoro sperimentale fu essenziale, non fu inclusa. Il suo contributo fu riconosciuto solo decenni dopo, evidenziando un altro caso di pregiudizio di genere.
  • Vera Rubin, astronoma statunitense, scoprì prove cruciali dell’esistenza della materia oscura studiando la rotazione delle galassie. Nonostante l’importanza delle sue ricerche, affrontò numerose discriminazioni di genere nel mondo accademico, diventando simbolo delle disparità sessiste nella scienza e ispirazione per generazioni di donne nella ricerca scientifica. Radio 3 Scienza del 24 giugno 2025 
Questi esempi mostrano un pattern: le donne scienziate, anche quando producevano risultati di primaria importanza, erano spesso relegate a ruoli secondari o ignorate dai comitati dei premi, riflettendo il sessismo istituzionale della comunità scientifica.

Il Carattere Irascibile degli Scienziati

Oltre alle disparità di genere, molti scienziati hanno dimostrato comportamenti difficili che hanno complicato le relazioni professionali. Isaac Newton, per esempio, era noto per la sua arroganza e vendicatività. Durante la disputa con Gottfried Wilhelm Leibniz sul calcolo infinitesimale, Newton usò la sua posizione di potere alla Royal Society per screditare il rivale, mostrando un lato meschino che contrastava con il suo genio.

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Richard Feynman, fisico teorico e vincitore del Nobel, era descritto come provocatorio e arrogante, pronto a sfidare chiunque mettesse in discussione le sue idee. Sebbene il suo carisma lo rendesse popolare, il suo atteggiamento poteva creare tensioni con i colleghi.

Ci sarebbero anche nomi di personaggi viventi, ma preferiamo fermarci qui: certe testimonianze, tra urla nei corridoi e lanci di faldoni, potrebbero finire in tribunale.

Il sessismo nella scienza moderna

Sebbene la situazione sia migliorata, le disparità di genere persistono nella scienza moderna. Le donne rappresentano ancora una minoranza nei ruoli di leadership accademica e ricevono meno finanziamenti rispetto agli uomini. Durante la pandemia di COVID-19, per esempio, studi hanno mostrato che le scienziate hanno pubblicato meno articoli rispetto ai colleghi maschi, a causa di maggiori responsabilità domestiche durante i lockdown, evidenziando come i pregiudizi sistemici continuino a penalizzarle.

Inoltre, casi come quello di Tim Hunt, biochimico vincitore del Nobel, hanno riacceso il dibattito. Nel 2015, Hunt fece commenti sessisti durante una conferenza, suggerendo che le donne in laboratorio fossero una “distrazione”. Le sue parole scatenarono polemiche, costringendolo alle dimissioni, ma misero in luce quanto certi stereotipi siano ancora radicati.

Perché questi comportamenti?

Le rivalità, l’irascibilità e le disparità sessiste nella scienza hanno radici complesse:
  1. Competizione Accesa: La scienza è un campo competitivo, dove premi, finanziamenti e prestigio sono limitati. Questo può portare a comportamenti egoistici o a minimizzare i contributi altrui, specialmente di donne o giovani ricercatori.
  2. Pregiudizi Culturali: Il sessismo storico ha plasmato la scienza, relegando le donne a ruoli subordinati. Questi pregiudizi, spesso inconsci, hanno influenzato decisioni su premi e riconoscimenti.
  3. Ego e Identità: Gli scienziati investono profondamente nel loro lavoro, e una critica può essere percepita come un attacco personale, scatenando reazioni emotive.
  4. Pressione Esterna: La necessità di pubblicare e ottenere fondi amplifica le tensioni, spingendo alcuni a comportamenti poco etici.


Il lato positivo? La scienza è come la Chiesa (non si giudicano i singoli ma la “struttura”) 

No non sono impazzito e non la penso come Zichichi se è questo che pensate… Ci sono analogie.

Come per la Chiesa, anche la scienza va giudicata non in base ai singoli individui che ne fanno parte, ma osservando la struttura nel suo insieme. Errori, comportamenti discutibili o meriti personali dei singoli scienziati non devono oscurare o esaltare il sistema scientifico nella sua globalità. La scienza, come la Chiesa, è un’istituzione complessa, con le sue regole, dinamiche interne e modalità di trasmissione del sapere. Valutarla richiede uno sguardo critico e consapevole sul funzionamento collettivo, più che sulle figure isolate, per comprenderne davvero il ruolo nella società e l’impatto culturale e storico.

Perché ho scelto l’esempio della Chiesa?  Perché:

Primo: farà arrabbiare i bigotti, da entrambe le parti: e questo mi diverte molto!
Secondo: la Chiesa come la Scienza, è una comunità composta da persone con un obiettivo condiviso: nel caso della Chiesa la fede, nel caso della scienza la ricerca della verità. Entrambe si basano su una struttura organizzata, fatta di ruoli, gerarchie, riti o metodi, e tramandano conoscenza e valori.
Terzo: proprio come tra scienziati, anche all’interno della Chiesa possono nascere rivalità, lotte di potere, incomprensioni e persino ostilità.

La mia ironia sta nel fatto che, pur appartenendo alla stessa “famiglia”, le divisioni interne spesso mostrano quanto sia difficile mettere d’accordo gli esseri umani, anche quando condividono un ideale.

La scienza e la fede si fondano su principi opposti, ma entrambi rispondono al bisogno umano di dare senso al mondo. La fede si basa sull’adesione a verità rivelate, accettate come assolute e immutabili. Essa costruisce certezze che non hanno bisogno di essere dimostrate, ma si reggono sulla fiducia, sulla tradizione o sull’esperienza personale. Al contrario, la scienza nasce dal dubbio: ogni teoria è valida solo finché regge alla prova dei fatti. Il metodo scientifico prevede osservazione, ipotesi, verifica e possibilità di falsificazione.

Tuttavia, questa distinzione netta sfuma nel lungo periodo. Anche la scienza, nel tempo, tende a consolidare verità che diventano punti fermi, accettati come certe fino a prova contraria. Pensiamo alla teoria della della deriva dei continenti pur nate dal dubbio, sono oggi considerate certezze operative. In questo senso, anche la scienza costruisce certezze, sebbene provvisorie e aperte a revisione.

Entrambe, scienza e fede, in modi diversi, rispondono al desiderio umano di comprendere e orientarsi nel mondo. Una con la fiducia nell’invisibile, l’altra con la verifica del visibile.


Una scienza più umana e inclusiva… forse 


Gli scienziati non sono eroi perfetti, né villain. Sono esseri umani, con genialità e imperfezioni. Casi come il “Nobel sottratto” a Franklin, Meitner e altre donne scienziate ci ricordano che la scienza non è immune da pregiudizi e ingiustizie. Tuttavia, riconoscere queste debolezze è il primo passo per costruire una comunità scientifica più equa e inclusiva.
Le grandi scoperte sono il risultato di un intreccio di talento, fatica e, a volte, conflitti. Accettare l’umanità della scienza significa celebrare i suoi trionfi, ma anche imparare dai suoi errori, per garantire che le future generazioni di scienziati, uomini e donne, possano brillare senza essere oscurate da rivalità o pregiudizi.
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Per approfondire 

LA SECONDA PUNTATA DI SCIENZIATI IRASCIBILI SARÀ PUBBLICATA IL 1 LUGLIO 2025 

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