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Forse non molti sanno che… la borraccia è un’invenzione piemontese

borraccia-piemonte

In pochi conoscono la storia di Pietro Guglielminetti, falegname originario della Valle Strona (oggi provincia di Verbano-Cusio-Ossola), che a metà Ottocento brevettò a Torino una borraccia in legno destinata a rivoluzionare l’equipaggiamento militare italiano. Questo articolo ricostruisce l’invenzione e il suo successo, tra cronache d’archivio e memorie familiari tramandate dalla pronipote, la poetessa Amalia Guglielminetti.


Una storia (quasi) dimenticata

Forse non molti sanno che la classica borraccia militare, quella di legno con tappo e tracolla in cuoio che vediamo nei dipinti del Risorgimento, è nata proprio in Piemonte. Fu infatti Pietro Guglielminetti, artigiano della Valle Strona, a realizzarla per la prima volta nella sua bottega torinese attorno al 1850. Si trattava di un oggetto semplice ma geniale: resistente, ergonomico, capace di mantenere fresca l’acqua anche durante le lunghe marce sotto il sole.

Nel 1853, l’esercito del Regno di Sardegna adottò ufficialmente il “modello Guglielminetti” come borraccia regolamentare. Fu un successo senza precedenti: in pochi anni ne furono prodotte oltre 128.000, esportate perfino in Inghilterra e Argentina.

La borraccia garibaldina "Guglielminetti", appartenente alle collezioni del Museo storico del Trentino, è un oggetto risalente alla Terza guerra di Indipendenza (1866), ritrovato sul campo di battaglia di Bezzecca. Realizzata con diversi tipi di legno e cinghie in pelle, è interessante non solo per la sua origine storica, ma anche perché si tratta di un brevetto italiano, ideato da una ditta torinese nei primi anni ’50 dell’Ottocento per semplificare la vita dei militari. La borraccia faceva parte di un lotto di oggetti garibaldini donati da Enrico Paor al Municipio di Trento, poi confluiti nel Museo del Risorgimento e infine nella Fondazione Museo storico del Trentino. Paor, troppo giovane per aver partecipato alle battaglie, era però parente dei fratelli De Pretis, combattenti a Bezzecca e in Val di Ledro. Grazie a questa connessione familiare si è potuta ricostruire la storia del ritrovamento e della conservazione dell’oggetto.
La borraccia garibaldina “Guglielminetti”, appartenente alle collezioni del Museo storico del Trentino, è un oggetto risalente alla Terza guerra di Indipendenza (1866), ritrovato sul campo di battaglia di Bezzecca. Realizzata con diversi tipi di legno e cinghie in pelle, è interessante non solo per la sua origine storica, ma anche perché si tratta di un brevetto italiano, ideato da una ditta torinese nei primi anni ’50 dell’Ottocento per semplificare la vita dei militari.
La borraccia faceva parte di un lotto di oggetti garibaldini donati da Enrico Paor al Municipio di Trento, poi confluiti nel Museo del Risorgimento e infine nella Fondazione Museo storico del Trentino. Paor, troppo giovane per aver partecipato alle battaglie, era però parente dei fratelli De Pretis, combattenti a Bezzecca e in Val di Ledro. Grazie a questa connessione familiare si è potuta ricostruire la storia del ritrovamento e della conservazione dell’oggetto.

 


Un’idea semplice, un grande impatto

La prima versione era costituita da doghe di legno chiuse da cerchi di giunco, con tappo e beccuccio in legno. Leggera e resistente, si rivelò perfetta per i soldati del Regno di Sardegna durante la Guerra di Crimea (1855) e la Seconda Guerra d’Indipendenza (1859). A partire dal 1876, la borraccia venne prodotta in un solo pezzo di legno tornito, con parti metalliche e tappo a vite. Rimase in uso per decenni, fino a quando l’alluminio non ne decretò la sostituzione definitiva.


La poetessa e la leggenda del Re

A mantenere viva questa memoria fu anche Amalia Guglielminetti, poetessa torinese e pronipote dell’inventore. In un articolo del 1941 pubblicato sulla rivista La Lettura, raccontò che in casa conservavano alcuni modelli originali della borraccia, tra cui uno in pioppo con tappo filettato e rubinetto in legno.

La parte più affascinante del suo racconto riguarda un presunto incontro tra il Re Vittorio Emanuele II e un soldato alla caserma Cernaia: il sovrano, dopo aver sorseggiato l’acqua contenuta in una borraccia Guglielminetti, ne rimase così colpito da volerla usare anche durante le sue battute di caccia. La storia non è documentata negli archivi ufficiali, ma è rimasta viva nella tradizione familiare.


Dall’artigianato all’industria

L’intuizione di Guglielminetti rappresenta un perfetto esempio di innovazione preindustriale: un prodotto creato con materiali locali (pioppo, salice, faggio) e tecniche artigiane che rispondeva perfettamente alle necessità del tempo. L’adozione da parte dell’esercito sabaudo trasformò una piccola falegnameria di via del Cappel Verde in un centro produttivo capace di evadere ordini da migliaia di pezzi.

Il figlio Lorenzo e i discendenti portarono avanti l’attività fino al 1918, quando la produzione si fermò per l’affermarsi di nuovi materiali e nuove tecnologie.


Un’eredità da riscoprire

Oggi, modelli originali delle borracce Guglielminetti si trovano in collezioni private, musei militari e in alcuni archivi storici, come quello del Museo Nazionale del Risorgimento di Torino. La loro forma essenziale e funzionale resta un simbolo della capacità tutta italiana di coniugare ingegno, artigianato e utilità pratica.

Nel tempo, la borraccia si è evoluta, ma l’idea di fondo – avere sempre con sé una riserva d’acqua sicura e portatile – resta invariata. Forse non molti sanno che questa idea, così semplice e necessaria, è nata proprio all’ombra della Mole.


Fonti consultate

  • Archivio di Stato di Torino

  • Torino XL – L’invenzione della borraccia e Amalia Guglielminetti

  • DonneItalianeBlog – Biografia di Amalia Guglielminetti

  • Lombardia Beni Culturali – Schede di Militaria

  • Wikipedia – Borraccia e Amalia Guglielminetti

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