Economia

Donald Trump: un Presidente per la pace o per la guerra? La sua strategia geopolitica

trump-dazi

Durante la sua carriera politica, Donald Trump ha saputo muoversi con abilità tra le immagini contrastanti di “presidente della pace” e “guerrafondaio impulsivo”, costruendo una strategia estera che, più che aderire a un’ideologia precisa, risponde a interessi personali, calcoli politici e alla necessità costante di coltivare la propria immagine pubblica. Per capire se Trump sia davvero passato da pacifista a promotore di conflitti, occorre andare oltre le narrazioni contrapposte e analizzare le sue azioni concrete e il contesto in cui si collocano.

La narrazione del pacifista: “America First” e ritiro dai conflitti

Nel 2016, Trump si candidò con il motto “America First”, opponendosi alle guerre in Iraq e Afghanistan, etichettate come costose e inutili. Questa posizione gli valse il sostegno di un elettorato stanco delle “guerre infinite”. Durante il primo mandato (2017-2021), Trump effettivamente non avviò alcuna nuova guerra su larga scala. Anzi, si adoperò per ritirare le truppe dall’Afghanistan, iniziando un processo poi completato sotto Biden, e avviò un dialogo diretto con Kim Jong-un, contribuendo alla momentanea distensione con la Corea del Nord.

Nel 2025, con l’inizio del secondo mandato, Trump ha ripreso quella narrativa, presentandosi come mediatore nei conflitti in corso, come quello tra Israele e Palestina, dichiarando di aver contribuito a un cessate il fuoco e vantandosi sui social di essere il promotore di “nuove speranze per la pace”.

I fatti contraddittori: uso della forza e retorica 

Dietro la facciata pacifista, però, le scelte militari e diplomatiche di Trump raccontano una storia diversa. Durante il primo mandato, pur evitando guerre dichiarate, ha intensificato l’uso della forza in vari scenari: in Afghanistan, aumentò i bombardamenti, con un drastico aumento delle vittime civili. In Yemen, sostenne l’Arabia Saudita con forniture di armi, contribuendo a un conflitto che ha avuto gravi conseguenze umanitarie.

Il raid del 2020 che uccise il generale iraniano Qassem Soleimani portò il mondo sull’orlo di un’escalation bellica con Teheran. Episodi simili, come l’attacco missilistico in Siria o le minacce al Venezuela, mettono in discussione l’immagine di moderazione.

Nel secondo mandato, le tensioni sono aumentate. Nel giugno 2025, Trump ha pubblicato un post su X in cui vantava il “controllo dei cieli iraniani” e lanciava un ultimatum per l’evacuazione di Teheran. Questi messaggi, apparentemente teatrali, alimentano però i timori di una nuova escalation. Inoltre, la revoca delle sanzioni contro i coloni israeliani e l’aumento delle forniture di armi a Israele sono stati letti da molti come un sostegno implicito ad azioni militari in Cisgiordania e Gaza.

Opportunismo e pragmatismo: la vera strategia

La contraddizione tra Trump pacifista e Trump guerrafondaio si chiarisce se si considera la sua strategia pragmatica, orientata non da principi ma da vantaggi immediati.

Isolazionismo selettivo: Trump preferisce evitare coinvolgimenti diretti e costosi, salvo quando questi possono garantire ritorni economici o geopolitici. La sua politica estera è funzionale al rafforzamento dell’immagine domestica: un leader forte, indipendente dalle logiche tradizionali della diplomazia.

Uso della forza come leva negoziale: Trump impiega la minaccia militare come strumento psicologico, seguendo la cosiddetta “teoria del pazzo” (madman theory), già usata da Nixon. L’idea è apparire imprevedibile e pericoloso per ottenere concessioni senza combattere. Questo spiega molte sue esternazioni aggressive, che però raramente si sono tradotte in guerre aperte.
Alleanze basate su convenienza: Il suo rapporto con leader autoritari come Netanyahu, Putin, Kim Jong-un o bin Salman risponde a logiche transazionali. Più che amicizia ideologica, sono partnership per interessi reciproci: appalti, armamenti, investimenti, risorse. Nel 2025, ad esempio, la sua disponibilità a dialogare con Putin per la fine del conflitto in Ucraina è vista da molti come una mossa per aprire vie di accesso alle risorse minerarie del Donbass.

Trump ha sempre saputo manipolare la percezione pubblica. Le sue mosse militari vengono presentate come “atti difensivi” o “necessari”, mentre i suoi (rari) successi diplomatici sono amplificati per consolidare l’immagine del “deal maker”. La sua base elettorale, poco interessata alla coerenza, risponde positivamente alla sua retorica nazionalista e al disprezzo per le istituzioni multilaterali.
Un Leader Ambiguo in un Mondo Incerto

La verità è che Donald Trump non è né un pacifista né un guerrafondaio in senso tradizionale. È un opportunista geopolitico che sfrutta la forza come linguaggio e la pace come vetrina, senza mai sposare realmente né l’una né l’altra. Le sue decisioni sono calcolate per ottenere massimo ritorno mediatico, vantaggi economici e sostegno politico, spesso anche a costo di destabilizzare equilibri internazionali già fragili.

Nel 2025, il mondo si trova nuovamente a fare i conti con la sua imprevedibilità. Mentre da un lato parla di pace in Medio Oriente, dall’altro spinge per politiche aggressive contro l’Iran e sostiene militarmente Israele in un contesto sempre più esplosivo. La sua ambiguità, tutt’altro che casuale, rappresenta il cuore della sua strategia.

Strategia o spettacolo?

La strategia geopolitica di Trump si può riassumere in tre parole: immagine, influenza, interesse. Non è ideologia ma performance. Un equilibrio tra minaccia e promessa, tra isolamento e coinvolgimento, tra parole di pace e atti di forza. Più che un passaggio da pacifismo a guerrafondaismo, la sua traiettoria riflette l’adattabilità tattica di un leader che ha fatto della confusione controllata un’arma di potere.

La domanda oggi non è tanto se Trump farà la guerra, ma quanto saprà spingersi nel confondere i confini tra pace e conflitto per rafforzare il suo dominio politico, interno ed esterno. E se il mondo continuerà a seguirlo nel gioco, oppure inizierà a staccarsene.

Comments

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *