Società

Su Canale Italia la violenza tra giovani: fenomeno in crescita?

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Sono stato ospite questa mattina su Canale Italia, nel programma Notizie Oggi – condotto dal brillante e sempre acuto Massimo Martire, che ringrazio per la sua capacità di stimolare un confronto autentico, senza pregiudizi e con grande rispetto per le opinioni di tutti.
Nel corso della trasmissione sono emerse alcune contraddizioni e luoghi comuni che spesso accompagnano il dibattito pubblico sui giovani che commettono reati.

Vorrei provare a fare un po’ di chiarezza, alla luce della mia esperienza diretta. Ho infatti insegnato per diversi anni nei licei e negli istituti superiori della mia regione, trovandomi a lavorare in contesti molto diversi tra loro: da un lato scuole considerate di “élite”, frequentate da studenti con alle spalle famiglie solide e culturalmente attive; dall’altro, scuole dove i ragazzi portano sulle spalle storie difficili, fragilità personali e familiari, e spesso un senso di sfiducia verso le istituzioni.

Ebbene, è proprio da questa doppia prospettiva che si capisce quanto siano fuorvianti certi luoghi comuni.
Ad esempio, si tende a pensare che il disagio giovanile e la devianza siano esclusivamente legati alla povertà economica o alla marginalità sociale, ma non è sempre così. In molti casi, dietro a comportamenti problematici si nascondono vuoti educativi, solitudini, mancanza di ascolto e di modelli adulti credibili.
Al contrario, anche nei contesti più difficili, ci sono ragazzi con un’enorme voglia di riscatto, di imparare, di farsi valere.

Un altro luogo comune è quello secondo cui “i giovani di oggi non hanno valori”. Nulla di più falso: i valori ci sono, ma spesso non trovano spazio per esprimersi. Si tratta di una generazione che vive in un mondo frenetico, dove tutto è immediato e visibile, ma dove l’ascolto profondo e la costruzione del sé richiedono tempo e relazioni autentiche — cose sempre più rare.

Ecco perché, prima di giudicare o etichettare, dovremmo capire, osservare e dialogare.
Solo così si può costruire un ponte tra generazioni, invece di alimentare muri di incomprensione.

Il numero di crimini contro la persona, soprattutto tra i giovani, sta aumentando – FALSO 

L’affermazione secondo cui i crimini contro la persona, in particolare tra i giovani, sarebbero in aumento è errata. I dati ufficiali dimostrano infatti che il numero di omicidi commessi in Italia è in costante diminuzione da oltre vent’anni. Si tratta di un cambiamento profondo e significativo, che dovrebbe spingerci a mettere in discussione l’idea, spesso alimentata dai media, di una società sempre più violenta e insicura.

Questa tendenza alla riduzione della violenza non riguarda solo gli omicidi, ma anche molti reati minori, che mostrano un andamento complessivamente stabile o in calo, pur con alcune oscillazioni annuali. Tale fenomeno è indicativo di un rafforzamento dell’azione dello Stato, delle forze dell’ordine e delle politiche di prevenzione, che hanno contribuito a rendere il Paese più sicuro rispetto al passato.

Pertanto, l’idea di un’Italia sempre più pericolosa non trova fondamento nei dati reali, ma nasce spesso da percezioni soggettive e da una comunicazione mediatica focalizzata sui casi più eclatanti. Un’analisi razionale e basata sui numeri dimostra invece che la violenza è in calo e che la società italiana, nel suo complesso, è oggi più sicura di quanto comunemente si creda.  FONTE: lavoce.info

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Secondo uno studio presentato all’Università Cattolica da Transcrime e dal Dipartimento per la Giustizia Minorile, tra i giovani non aumenta il numero complessivo dei reati, ma cresce la violenza dei comportamenti criminali e cala l’età del primo episodio, spesso prima dei 15 anni. L’analisi ha considerato dati dell’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni di Milano e ha confrontato due periodi: 2015-2016 e 2022-2023, rilevando un aumento di rapine e lesioni personali, mentre furti e spaccio diminuiscono.

Lo studio evidenzia inoltre un incremento del disagio psicologico e relazionale, di atti violenti e autolesionismo, anche tra ragazzi non provenienti da condizioni economiche particolarmente svantaggiate. I NEET (giovani che non studiano né lavorano) mostrano un calo tra gli stranieri, ma un aumento tra italiani e seconde generazioni. Crescono anche i problemi di dipendenza, diffusi trasversalmente.

Persistono elementi di continuità: i reati sono spesso commessi in gruppo e quasi tutti i ragazzi presentano difficoltà scolastiche. La maggior parte proviene da famiglie con entrambi i genitori conviventi.

Gli esperti sottolineano la necessità di interventi multidisciplinari che coinvolgano famiglia, scuola e comunità, per prevenire la trasformazione di episodi isolati in comportamenti sistematici. La pandemia e i social media hanno amplificato fragilità e diffusione della violenza, rendendo fondamentale comprendere il fenomeno nella sua complessità per elaborare strategie efficaci di prevenzione e reinserimento.

Legame immigrati-criminalità – FALSO 

Il legame tra immigrazione e criminalità, spesso evocato nel dibattito politico, non trova riscontro nei dati (fonte  lavoce.info). È frequente, soprattutto nei discorsi dei partiti di destra, associare l’aumento degli stranieri residenti in Italia a un presunto “problema di sicurezza”. Tuttavia, le statistiche europee e italiane dimostrano il contrario: nonostante la crescita dei richiedenti asilo in Italia, Francia e Germania, i tre paesi sono oggi più sicuri.

In Italia, ad esempio, secondo Eurostat e il Ministero dell’Interno, i reati denunciati sono diminuiti del 5,4% tra il 2013 e il 2021, passando da 2,86 a 1,84 milioni. Anche gli omicidi, le rapine e i furti mostrano un calo costante, mentre aumentano soltanto le truffe, spesso legate alla sfera digitale.

È vero che la percentuale di reati commessi da stranieri risulta più alta rispetto a quella degli italiani, ma tale dato va interpretato: gli immigrati rappresentano circa il 10% della popolazione e si concentrano nelle fasce sociali più fragili, dove povertà, precarietà e discriminazioni aumentano il rischio di devianza.

Dunque, immigrazione non significa insicurezza. I numeri dimostrano che il binomio tra stranieri e criminalità è una costruzione politica e mediatica, più utile a generare paura che a descrivere la realtà.

I reati contro le donne sono commessi soprattutto da stranieri – FALSO

Relativamente al periodo 1 gennaio – 31 dicembre 2024 sono stati registrati 314 omicidi, con 111 vittime donne, di cui 96 uccise in ambito familiare/affettivo; di queste, 59 hanno trovato la morte per mano del partner/ex partner, il 77,6 % degli omicidi sono commessi da italiani.  FONTE: ISTAT

Anche qui attribuire a certe categorie di persone (immigrati, emarginati ecc) la responsabilità dei reati contro le donne è quindi fuorviante: la violenza di genere è strutturale, radicata in una cultura patriarcale che normalizza il dominio maschile e il mancato rispetto dei diritti delle donne.

Concentrarsi sulla provenienza delle persone rischia di creare capri espiatori, distogliendo l’attenzione dall’urgenza di educare al rispetto, di tutelare le vittime e di promuovere politiche efficaci di prevenzione.

La violenza di genere è un problema comune, non di una specifica nazionalità: solo affrontandolo come fenomeno sociale si possono reali progressi nella sicurezza e nella protezione delle donne.

Esiste, sicuramente, un problema di cultura: la violenza di genere nasce da stereotipi, ruoli e aspettative radicati in una società patriarcale, che spesso normalizza il dominio maschile e il mancato rispetto dei diritti delle donne. Tuttavia, è importante sottolineare che non si tratta di un problema “degli stranieri” o di gruppi specifici: i dati mostrano chiaramente che la maggior parte degli omicidi di donne in Italia è commessa da italiani, spesso all’interno della famiglia o del contesto affettivo. Anche tra gli italiani, quindi, la misoginia e atteggiamenti violenti verso le donne sono presenti. Il vero cambiamento richiede interventi culturali, educativi e legislativi a livello sociale, perché solo così si può ridurre realmente la violenza di genere e proteggere le vittime, indipendentemente dalla nazionalità di chi la commette.

Per concludere

Concentrarsi sulla provenienza delle persone da parte di particolari gruppi (i giovani, gli immigrati, i clandestini, i neri, ecc)  rischia di creare capri espiatori, distogliendo l’attenzione dall’urgenza di educare al rispetto, tutelare le vittime e promuovere politiche efficaci di prevenzione.

Per affrontare davvero il fenomeno, è fondamentale comprenderne la reale portata, analizzando tutti i contesti sociali e le fasce della popolazione. Pensare di condannare solo una parte marginale della popolazione — come giovani o immigrati — significa sottovalutare il problema e impedire di risolverlo, mentre la conoscenza approfondita permette di elaborare strategie di prevenzione, intervento e sostegno efficaci, in grado di ridurre concretamente la violenza di genere.

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