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Armi e disagio mentale negli USA: il caso Shane Tamura riaccende il dibattito sulle falle del sistema

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La recente sparatoria avvenuta a New York, che ha visto protagonista Shane Tamura, 27enne con un passato da giocatore di football e una documentata storia di disturbi mentali, riapre una ferita mai davvero sanata negli Stati Uniti: quella delle armi da fuoco legalmente in possesso di individui affetti da problematiche psichiche. Tamura, armato di un fucile semiautomatico d’assalto legalmente acquistato, ha fatto fuoco in pieno giorno, lasciando dietro di sé vittime e feriti. Ma la domanda che tutti si pongono è: com’è possibile che una persona con una diagnosi psichiatrica abbia avuto accesso legale a un’arma da guerra?

Il quadro normativo federale: una maglia troppo larga

A livello federale, la normativa statunitense stabilisce che è illegale vendere armi da fuoco a chi sia stato “dichiarato mentalmente inabile da un tribunale” o sia stato ricoverato contro la propria volontà in un istituto psichiatrico. Ma queste definizioni si rivelano spesso insufficienti nella pratica. Molti individui con diagnosi serie, ma mai formalmente dichiarati “incapaci” da un giudice, non vengono registrati nei database utilizzati per i controlli dei precedenti (background checks).

Il National Instant Criminal Background Check System (NICS), gestito dall’FBI, si basa sulle segnalazioni degli Stati. Tuttavia, la mancanza di obbligo uniforme di segnalazione, e le diverse interpretazioni su cosa costituisca “inabilità mentale”, creano una situazione disomogenea e pericolosa.

Differenze tra Stato e Stato: un mosaico incoerente

Negli Stati Uniti, ogni Stato ha una sua legislazione in materia di controllo sulle armi. Alcuni — come California, New York o Massachusetts — hanno introdotto normative più restrittive, come il “red flag law”, che consente a familiari o autorità di chiedere il sequestro temporaneo delle armi a persone ritenute pericolose per sé o per gli altri. Ma in altri Stati, il sistema è molto più permissivo, e persino una storia di ricoveri psichiatrici non rappresenta necessariamente un ostacolo alla detenzione di armi.

Nel caso di Shane Tamura, secondo quanto trapelato, non vi sarebbe stata alcuna segnalazione formale, né una procedura legale che potesse bloccarlo all’atto dell’acquisto. Ciò suggerisce una falla strutturale: anche con precedenti di disturbo, finché non si attiva un procedimento legale, il soggetto resta “pulito” per i database federali.

La questione delle red flags ignorate

Il caso Tamura non è isolato. Secondo uno studio del Congressional Research Service, oltre il 30% dei responsabili di sparatorie di massa negli ultimi vent’anni aveva una documentata storia di disagio mentale. Eppure, molti di loro avevano acquistato armi in modo legale. Ciò dimostra che, troppo spesso, i segnali di allarme (le cosiddette “red flags”) non vengono presi in considerazione o non sono supportati da un adeguato apparato legislativo.

Le forze dell’ordine locali e i servizi sociali, inoltre, lamentano mancanza di strumenti legali e risorse per intervenire preventivamente. In molti casi, la privacy sanitaria e la frammentazione dei dati tra agenzie statali e federali impediscono una risposta efficace.

Lobby delle armi e resistenze politiche

Dietro questa inerzia si cela anche il peso della lobby delle armi, in particolare la National Rifle Association (NRA), che ha a lungo osteggiato qualsiasi forma di limitazione all’accesso alle armi, anche per motivi sanitari. Ogni proposta che mira a rafforzare i controlli per chi soffre di malattie mentali viene spesso bollata come una violazione del Secondo Emendamento, che garantisce il diritto a “portare armi”.

L’ex presidente Donald Trump, nel 2017, ha firmato una legge che eliminava una norma dell’era Obama che avrebbe impedito a circa 75.000 persone con disabilità psichiche gravi di acquistare armi. Una scelta che ancora oggi divide l’opinione pubblica.

Prospettive di riforma

Dopo la tragedia di Newtown, Parkland, Uvalde e ora New York, ogni amministrazione promette riforme, ma le misure approvate sono spesso simboliche o parziali. L’amministrazione Biden ha cercato di incentivare l’adozione delle red flag laws da parte degli Stati, ma resta un margine discrezionale troppo ampio.

Nel 2022, è stata approvata una timida legge bipartisan che rafforza i controlli per gli under 21 e offre fondi agli Stati per il miglioramento dei sistemi di segnalazione. Tuttavia, non affronta direttamente il nodo dei soggetti con problemi psichici già adulti, come nel caso di Shane Tamura.

Il caso di Shane Tamura mostra con crudezza quanto il sistema americano sia incapace di coniugare diritto alla sicurezza e salute mentale. Finché non verranno introdotti meccanismi più rigorosi di controllo, prevenzione e segnalazione — nel rispetto della privacy, ma senza cecità normativa — il rischio di nuove tragedie resterà concreto.

L’America si trova davanti a un bivio: continuare a considerare l’accesso alle armi un diritto assoluto, o cominciare finalmente a trattarlo come una responsabilità sociale, soprattutto in presenza di fragilità mentali conclamate. Il sangue versato a New York chiede una risposta. E il tempo per agire si sta esaurendo.

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