In occasione di ThinkinGreen 2025 a Messina-Taormina, l’architetto Anna Carulli, presidente dell’Istituto Nazionale di Bioarchitettura, racconta la sua visione per un’architettura sostenibile, radicata nel paesaggio e nell’identità mediterranea, capace di coniugare innovazione, decarbonizzazione e responsabilità sociale. Un dialogo tra etica, ambiente e cultura del progetto.
L’ intervista all’Architetto Anna Carulli, pubblicata il 26 giugno 2025 e condotta da Piero Luigi Carcerano, Presidente della Commissione Comunicazione ed Editoria dell’Istituto Nazionale di Bioarchitettura e Vicedirettore della rivista Interiorissimi, si inserisce nel contesto del convegno internazionale “ThinkinGreen 2025 – Il Salotto dell’Economia Sostenibile”, svoltosi a Messina-Taormina dal 26 al 28 giugno. Carulli, messinese e attuale Presidente nazionale dell’Istituto Nazionale di Bioarchitettura (INBAR), oltre che Presidente della Fondazione Architetti nel Mediterraneo Messina e della Commissione VINCA del Comune di Messina, porta avanti con coerenza una visione avanzata e radicata di bioarchitettura mediterranea, che fonde innovazione tecnologica e identità territoriale.
L’intervista si apre con un omaggio alla complessità geografica e culturale del Mediterraneo, evocando le parole dello storico Fernand Braudel per sottolineare come lo Stretto di Messina rappresenti un laboratorio naturale di convivenza, stratificazione storica e biodiversità. In questo contesto, l’architettura – secondo Carulli – deve agire come un equilibrio dinamico, capace di orchestrare elementi naturali, storici ed ecologici.
Carulli propone il concetto chiave di “decarbonizzazione identitaria”, che diventa il filo conduttore dell’intervista. Non si tratta solo di ridurre le emissioni di CO₂, ma di farlo valorizzando le filiere locali: materiali come il basalto, la calce di cocciopesto, le fibre naturali; comunità energetiche che producono non solo energia, ma coesione sociale; strumenti di misura che includono salute pubblica, biodiversità e reddito diffuso. Questa visione trova spazio nel dialogo con l’urbanista Massimo Pica Ciamarra, storico promotore della “città metabolica”, ospite anch’egli di ThinkinGreen.
In linea con le Convenzioni europee del paesaggio e del patrimonio culturale, Carulli difende un approccio progettuale integrato. Alla poetica del territorio si affianca l’analisi dei flussi metabolici: ogni progetto nasce dalla sovrapposizione fra la mappa identitaria e quella ecologica. Un esempio concreto è il recupero di un ex magazzino agrumario a Scaletta Zanclea, trasformato in polo agricolo carbon-positive: qui, tradizione e tecnologia si fondono per generare valore ambientale e sociale.
Uno dei temi centrali riguarda il consumo di suolo in Italia, che secondo ISPRA supera ancora i 2 m² al secondo. Carulli propone la rigenerazione dell’esistente come atto prioritario di sostenibilità. Cita il progetto pilota INBAR per il recupero dello scalo ferroviario di Reggio Calabria, dove sono stati restituiti cinque ettari di suolo permeabile alla città, e preservate centinaia di tonnellate di CO₂ attraverso il riuso di strutture preesistenti.
La visione di Carulli supera anche i confini della città. Il concetto di “ruralizzare l’urbano” viene declinato in esempi concreti come quello del Parco delle Torri a Ganzirri, dove sono state ricostruite dune costiere per regolare microclimi, realizzati orti collettivi con sistemi di fitodepurazione e introdotti sensori open-data per rendere accessibili i parametri ambientali. L’obiettivo è che lo spazio urbano si comporti da ecosistema vivente.
Innovazione e tradizione convivono anche nei materiali. Carulli difende l’introduzione di nanotubi di carbonio (CNT) in compositi bio-based, come esempio di tecnologia al servizio della natura. In Sicilia, la sperimentazione di intonaci realizzati con canapulo, calce idraulica naturale e silice vulcanica consente di ottenere prodotti leggeri, riciclabili, capaci di abbattere gli ossidi d’azoto e riutilizzabili in agricoltura. È la bioarchitettura che innesta l’innovazione sulla memoria materiale, senza comprometterne il significato.
Un altro tassello fondamentale è rappresentato dal “Bio-Score”, il sistema di certificazione dell’Istituto Nazionale di Bioarchitettura. Recentemente arricchito da indicatori sociali, grazie alla Community Capital Matrix, questo strumento misura non solo il bilancio energetico, ma anche il capitale umano attivato: ore di volontariato, posti di lavoro locali, percentuale di manutenzione affidata ad artigiani del territorio. Citando Amartya Sen, Carulli spiega che la vera sostenibilità consiste nell’aumentare le capacità e le libertà delle persone, non solo nell’efficienza energetica.
L’intervista tocca anche le strategie post-turistiche per i piccoli comuni dell’Appennino. L’Istituto è attivo nel supportare questi territori con modelli che superano la logica del consumo mordi-e-fuggi, favorendo residenzialità temporanee, economie locali e inclusione intergenerazionale. Il progetto CANAPA NEW TECH, presentato a Messina, ne è un esempio concreto: valorizza la canapa industriale come risorsa circolare, con l’impegno di attori come Millasensi, per creare filiere sostenibili in grado di generare innovazione sociale a partire da radici agricole.
Il messaggio conclusivo è chiaro: l’architettura, oggi, deve essere narrazione vivente del territorio, infrastruttura di giustizia climatica, spazio di democrazia ambientale e rigenerazione umana. Il ruolo dell’Istituto Nazionale di Bioarchitettura – attraverso la formazione, la sperimentazione e la certificazione – è quello di guidare questa transizione culturale e tecnica. ThinkinGreen 2025 rappresenta, in questo senso, non solo un evento ma un manifesto di futuro: tra scienza e umanesimo, tra progetto e racconto.
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