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Addio all’etologa Jane Goodall: aveva 91 anni

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In copertina foto di Nikeush, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

Con profondo dispiacere il mondo annuncia la scomparsa di Jane Goodall, celebre etologa e ambientalista britannica, morta a 91 anni in California, mentre era impegnata in una tournée di conferenze.

Il Jane Goodall Institute ha confermato che è deceduta per cause naturali, durante la sua permanenza negli Stati Uniti.

Nel corso della sua lunga esistenza, Goodall ha trasformato il modo in cui l’umanità comprende le relazioni tra esseri viventi, in particolare tra l’uomo e i primati, e ha fatto della tutela dell’ambiente una missione globale.

Close Encounters with Jane Goodall and Skye Meaker


Dalle origini al Gombe: come è iniziato tutto

Jane Goodall nacque il 3 aprile 1934 a Londra, con il nome di Valerie Jane Morris-Goodall.  Fin da bambina mostrò grande curiosità per il mondo naturale, osservando gli animali domestici come cani e galline e sviluppando quella che sarebbe diventata una profonda sensibilità verso gli animali.

Pur senza una formazione universitaria formale iniziale in biologia, riuscì a convincere il paleoantropologo Louis Leakeyad appoggiarla nei suoi studi sugli scimpanzé in Africa. Nel 1960 si trasferì in Tanzania, nel Parco Nazionale di Gombe Stream, dove avrebbe condotto osservazioni rivoluzionarie sui comportamenti degli scimpanzé.

Il suo approccio innovativo — usare nomi propri per gli animali, non numeri, e instaurare un rapporto di fiducia con loro — permise di documentare comportamenti fino ad allora ritenuti esclusivi dell’essere umano: uso di strumenti, caccia cooperativa, complessità sociale, manifestazioni di affetto, rabbia e conflitti.

Nel 1965 la sua prima pubblicazione con la National Geographic attirò l’attenzione mondiale, accompagnata dalle fotografie del marito — il fotografo Hugo van Lawick — che documentarono la vita nei boschi di Gombe.

Durante le sue ricerche, Goodall fu testimone anche di fenomeni dolorosi, come la guerra tra comunità di scimpanzéche scoppiò nel 1974 nel suo sito di studio: un gruppo si distaccò e si svilupparono conflitti interni. Questo evento la costrinse a rivedere molte ipotesi romantiche sul comportamento animale.

United Nations Messenger of Peace Jane Goodall


Dalla scienza all’attivismo: Istituti, programmi, iniziative

Negli anni, Goodall non si limitò solo allo studio scientifico: trasformò la sua fama in una piattaforma di impegno educativo e ambientale.

  • Nel 1977, fondò il Jane Goodall Institute, con l’obiettivo di promuovere la conservazione dei primati, sostenere la protezione degli habitat naturali e educare le nuove generazioni.

  • Nel 1991 creò il programma Roots & Shoots, presente oggi in decine di Paesi, che coinvolge giovani e comunità in progetti ambientali concreti — piantumazioni, pulizie, progetti educativi, consapevolezza ecosistemica.

  • Negli ultimi anni partecipò a partnership con aziende tecnologiche per promuovere il riciclo dei dispositivi elettronici, al fine di ridurre l’estrazione distruttiva di minerali e terre rare.

In particolare, Goodall collaborò con Apple per invitare i consumatori a riciclare smartphone, tablet e computer, sottolineando che molti minerali preziosi e terre rare — necessari per la produzione elettronica — provengono da miniere che spesso devastano foreste e territori fragili.

Sul sito del Jane Goodall Institute si ricorda che:

“Many of the rare earth metals used to make cell phones are extracted from the forests in the Democratic Republic of Congo … The high demand for the minerals … perpetuates dangerous mining operations which fund the conflict.”

E in una conversazione riportata dal progetto HopeCast, Goodall sottolineava che a un certo punto non esistevano mercati strutturati per terre rare riciclate, ma che orientare l’ingegneria e l’industria verso materiali riciclati era diventata una “stella polare” per molti progettisti.

Tuttavia, non ho trovato conferma che lei avesse fondato un’organizzazione autonoma specificamente dedicata alla raccolta di terre rare da device — ma la sua collaborazione con aziende tecnologiche e il Jane Goodall Institute promuovono decisamente questa linea.

In ambito africano, il Jane Goodall Institute rimane attivo nella Congo Basin, con il sostegno del Bezos Earth Fund, in progetti che proteggono foreste, biodiversità e comunità locali su centinaia di migliaia di ettari.


Traguardi, riconoscimenti e vita personale

Tra i numerosi onori ottenuti nel corso della vita, Jane Goodall è stata nominata “Dame Commander of the Order of the British Empire” nel 2004. Nel 2021 vinse il Templeton Prize. Poco prima della sua morte, nel 2025, ricevette la Presidential Medal of Freedom negli Stati Uniti, una delle onorificenze civili più alte.

Goodall si sposò due volte: con Hugo van Lawick, con cui ebbe un figlio, Hugo Eric Louis, e successivamente con Derek Bryceson — che morì di cancro nel 1980. Dopo la morte del secondo marito, Goodall visse intensamente il suo lavoro e i suoi progetti, dedicandosi completamente alla causa ambientale.

Nel corso degli ultimi anni, fino alla fine, continuava a viaggiare moltissimo: secondo la sua fondazione, spesso era in giro per il mondo circa 300 giorni all’anno per conferenze, eventi, promozione di progetti ambientali.


Lascito, eredità e memoria

Con la sua scomparsa saluta una figura mitica: la scienziata che parlava alle scimmie, ma che ha parlato (e continuerà a parlare) all’intera umanità.

Goodall ha cambiato il paradigma: non più l’animale come mera bestia utile o da studiare a distanza, ma come individuo dotato di personalità, relazioni, desideri e sentimenti — con cui possiamo costruire un rapporto di rispetto.

Gli istituti da lei fondati — il Jane Goodall Institute, il programma Roots & Shoots — continuano la sua opera su più fronti: educazione ambientale, tutela della fauna, promozione di pratiche sostenibili, collaborazione con comunità locali.

Non pochi ricordano anche il suo messaggio di speranza (Hope, Through Action) — l’idea che, anche se le sfide ambientali sono gigantesche, è possibile intervenire localmente, con consapevolezza e responsabilità individuale.

Molti leader mondiali, scienziati e persone comuni hanno già espresso il loro cordoglio e riconoscenza: il segretario generale dell’ONU António Guterres ha definito la sua figura “una forza per il pianeta e per tutte le specie viventi”.

Alla luce delle sfide attuali — cambiamento climatico, perdita di biodiversità, sfruttamento incontrollato delle risorse — il messaggio di Goodall risuona oggi con forza: siamo parte di un ecosistema solo se smettiamo di considerarlo “altro”.

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