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Il Nobel non è cosa da donne!

Riprendiamo il discorso sul Premi Nobel per la Fisica assegnato ieri a 3 scienziati per i loro studi sul calcolo quantistico.

Il Premio Nobel per la Fisica è la vetta del riconoscimento scientifico mondiale. Eppure, guardando ai suoi numeri, sembra di osservare una montagna con un sentiero riservato quasi esclusivamente agli uomini. Dal 1901 al 2025, su 227 premiati, solo cinque sono donne. Cinque. Un numero che non può più essere giustificato con la scusa della “casualità statistica”.

Il messaggio è brutale ma onesto: il Nobel non è cosa da donne. O, almeno, non ancora.


Cinque donne su 227 uomini. il Nobel? Un secolo di esclusione

Le uniche cinque donne che hanno conquistato il Nobel per la Fisica sono nomi scolpiti nella storia — ma la loro eccezionalità è, purtroppo, la prova del problema.

Dal 2018 al 2025, nessun’altra donna si è aggiunta alla lista. Nel 2025, il Nobel è andato a John Clarke, Michel Devorete John Martinis, per ricerche sulla fisica quantistica macroscopica. Tre uomini, di nuovo.


Il divario dei numeri

Nel complesso, il Nobel per la Fisica è stato assegnato 118 volte a 227 persone. (nobelprize.org)

Le donne, nel frattempo, restano appena il 2,2 % del totale.
E questo, in un mondo accademico dove migliaia di ricercatrici lavorano in fisica teorica, ottica, astrofisica, materia condensata, e fisica quantistica.

Il più giovane premiato rimane William Lawrence Bragg, che vinse nel 1915 a soli 25 anni. Il più anziano, Arthur Ashkin, che nel 2018 ricevette il premio a 96 anni. Entrambi uomini: due estremi della stessa linea retta.


Chimica e Medicina: non va molto meglio

Qualcuno potrebbe dire: “La fisica è storicamente un mondo maschile, ma in altri campi le cose vanno meglio.” Non proprio.

Secondo un’analisi pubblicata da Science, solo il 7–8 % dei nominati per la Chimica e il 13 % per la Medicina sono donne.
Se le donne non vengono nominate, non potranno mai vincere.


Le escluse illustri

Dietro le cinque vincitrici, si nasconde una lunga lista di scienziate che avrebbero meritato almeno di entrare nella storia del Nobel — e invece sono rimaste ai margini.

Sono nomi noti, studiati, onorati da università e riviste scientifiche — ma non dal comitato Nobel. E questo, più di ogni statistica, racconta un sistema che ha preferito guardare altrove.


“Il merito è neutro”? Davvero?

Il mito della scienza neutrale è comodo, ma falso. Il “merito” scientifico è sempre filtrato da reti di potere, visibilità, accesso alle risorse, e — sì — pregiudizi culturali.
Per decenni, le donne sono state escluse dai laboratori, dai fondi, dai ruoli accademici di vertice. Molte hanno lavorato come assistenti non retribuite, come fece Maria Goeppert Mayer. Altre, come Donna Strickland, sono state “invisibili” fino al momento stesso della vittoria.

Il Nobel non misura soltanto il valore scientifico: misura chi il mondo decide di ascoltare.
E il mondo, troppo spesso, ascolta ancora voci maschili.


Verso il cambiamento

La soluzione non è semplice, ma è chiara:

Perché finché il Nobel rimarrà simbolo di un’élite chiusa, non sarà davvero il “premio del merito”: sarà il premio del privilegio.

Per approfondire