Gravita Zero: comunicazione scientifica e istituzionale

Un tempo citavamo Dante, Pascoli, Quasimodo… oggi abbiamo “occhi spaccanti” e “kiss cam”

Quanti italiani – solo per fare un esempio – conoscono a memoria i nomi dei 6 vincitori compaesani del Premio Nobel per la letteratura? Sono  Giosuè Carducci, Grazia Deledda, Luigi Pirandello, Salvatore Quasimodo, Eugenio Montale  e Dario Fo.

Un tempo, il lessico italiano brillava di poesia e cultura: i versi di Dante e di Pascoli, la profondità di Quasimodo e di Pirandello, i miti della mitologia Latina e Greca permeavano le nostre parole e la nostra immaginazione. Oggi, invece, il vocabolario riflette un mondo sempre più dominato dai social, dalla cronaca e dalla tecnologia, dove la parola sembra aver perso spessore.

Il Libro dell’Anno Treccani 2025, intitolato “Parole dell’anno”, offre uno spaccato inquietante di questa trasformazione. Tra i neologismi più diffusi troviamo espressioni come “occhi spaccanti”, diventate virali per uno scandalo mediatico, o “Pro Pal”, termine di attualità politica, lontano anni luce dall’eleganza e dalla profondità dei vocaboli di un tempo.

I linguisti dell’Osservatorio sottolineano che questi termini catturano episodi del 2025, ma solo il tempo dirà se resteranno. È difficile immaginare che parole come “vannacciano”, riferito al Generale Roberto Vannacci, o “broligarchia”, legata a una ristretta élite tecnologica, abbiano lo stesso peso culturale dei classici di un secolo fa.

Anche il linguaggio della cronaca e della tecnologia ha preso il sopravvento: da “nudificazione”, ovvero la creazione illegale di falsi nudi, a “allucinazione dell’intelligenza artificiale”, che indica un’informazione sbagliata generata da sistemi digitali. Termini come “controdazio” o “cryptogate” testimoniano come la geopolitica e l’economia globale dettino le regole della nostra lingua, mentre parole legate allo sport o alla cultura pop, come “ingiocabile” per Jannik Sinner o “kiss cam”, sembrano sminuire il valore del lessico quotidiano.

Non mancano le trovate più leggere o gergali: “maranza”, per indicare il giovane chiassoso e smargiasso, o “tornanza”, che definisce semplicemente il ritorno a un luogo. Persino la letteratura, con il termine “romantasy”, si piega a un mix di generi popolari, perdendo quella capacità di stupire e elevare che una volta distingueva l’arte del linguaggio italiano.

Il 2025, come racconta la Treccani, è stato un anno complesso: tregue internazionali, nuovi governi, scandali e fenomeni social. Eppure, ciò che resta impresso nel nostro vocabolario quotidiano non sono parole di bellezza o di saggezza, ma etichette effimere, titoli di cronaca e modi di dire virali.

Insomma, mentre un tempo l’Italia esprimeva la propria anima attraverso versi e miti, oggi comunica con neologismi che spesso gridano più alla moda che alla mente. La lingua italiana, un tempo strumento di elevazione culturale, rischia di ridursi a un insieme di “occhi spaccanti”, “kiss cam” e altre etichette istantanee, che raccontano la nostra epoca ma sembrano dimenticare la guida dei grandi  maestri del passato.