Nel sito archeologico di Abrigo de San Lázaro, nella provincia di Segovia (Spagna), è stata scoperta quella che gli studiosi ritengono la più antica impronta digitale umana mai rinvenuta. Risale a circa 57.000 anni fa ed è stata lasciata da un individuo neanderthaliano durante la realizzazione di un’incisione su pietra che raffigura, sorprendentemente, un volto umano stilizzato.
Questa scoperta rivoluzionaria non solo getta nuova luce sulla capacità artistica e simbolica dei Neanderthal, ma costituisce anche il più antico esempio conosciuto di arte portatile neanderthaliana, ovvero un manufatto che poteva essere trasportato e mostrato, non legato alle pareti di una grotta.
Un volto inciso nella pietra… con un dito
Il manufatto, una piccola lastra calcarea, mostra una sequenza di incisioni intenzionali: linee parallele, curve e una forma riconoscibile come un naso umano, inscritto all’interno di un volto schematico. Ma l’elemento più straordinario è la traccia lasciata da un’impronta digitale, impressa durante la manipolazione dell’oggetto, precisamente in corrispondenza del naso inciso. Un gesto semplice, forse involontario, che ha attraversato i millenni e che oggi ci mette letteralmente a contatto diretto con un Neanderthal.
Per confermare la natura umana dell’impronta, i ricercatori si sono avvalsi di tecnologie forensi, comparando le creste papillari con modelli biometrici: l’analisi ha restituito un risultato inequivocabile. È un’impronta di dito umano, lasciata su materiale plastico e ancora fresco, come accade nell’atto della scultura o della decorazione.
L’arte simbolica dei Neanderthal
Questa pietra incisa è ora considerata dagli studiosi come una forma intenzionale di rappresentazione simbolica. I Neanderthal, un tempo considerati rozzi e privi di cultura, stanno oggi emergendo in una luce diversa: capaci di pensiero astratto, di elaborare simboli, di creare oggetti significativi, forse legati a rituali o a narrazioni.
Non è la prima volta che si attribuiscono ai Neanderthal forme di arte rupestre: pitture in grotte come La Pasiega o Maltravieso in Spagna avevano già suggerito una sensibilità simbolica. Ma ciò che distingue questa scoperta è il carattere portatile dell’oggetto e, soprattutto, l’unicità dell’impronta, che consente di stabilire una connessione diretta e fisica tra l’autore e la sua opera.
Una scoperta multidisciplinare
Lo studio, firmato da David Álvarez Alonso, Andrés Díez Herrero, María de Andrés-Herrero e Miguel Ángel Mate González, si basa su un’accurata analisi stratigrafica del sito, datazioni al radiocarbonio, analisi dei microsegni sulla pietra e tecniche di imaging forense. Gli autori propongono che l’incisione non sia frutto di casualità, bensì il risultato di un intento deliberato: disegnare un volto umano schematico, con elementi riconoscibili come occhi, naso e bocca, in una composizione che mostra una conoscenza della simmetria e dell’iconografia.
Il contesto archeologico è stato datato con sicurezza all’epoca Musteriana, attribuibile ai Neanderthal, e gli strumenti litici ritrovati nelle immediate vicinanze supportano questa interpretazione.
Un dito teso nel tempo
Il valore simbolico di questa scoperta è enorme. Per la prima volta, possediamo l’impronta del dito di un Neanderthal artista. Non un semplice strumento, non un osso o una pietra, ma una traccia corporea diretta, fisica, concreta. Un gesto impresso nella materia che ci restituisce un’immagine di questi nostri cugini evolutivi non più come creature marginali, ma come esseri pensanti, creativi, e persino emotivamente complessi.
La pietra, secondo gli autori, potrebbe essere stata utilizzata anche come oggetto da mostrare o da conservare, dotato di un valore simbolico, narrativo o spirituale. Non si trattava dunque solo di utilità, ma di espressione.
Nuove prospettive sull’umanità arcaica
Questo tipo di scoperta cambia il modo in cui interpretiamo la cultura dei Neanderthal. L’arte, la manualità, la simbologia e ora anche l’identificazione biometrica entrano nel quadro dell’evoluzione umana. I Neanderthal non erano soltanto abili cacciatori o sopravvissuti alle glaciazioni: erano portatori di una forma di umanità complessa, capace di lasciare testimonianze non solo genetiche, ma anche estetiche e culturali.
La scienza ci mostra così che la creatività non è una prerogativa esclusiva di Homo sapiens, ma una caratteristica più profonda, condivisa da più rami dell’albero evolutivo umano. E oggi, quel dito che ha sfiorato la pietra ci tocca ancora, aprendoci a un passato che non è più solo preistoria, ma una parte viva della nostra identità.
Fonte primaria dello studio:
Álvarez Alonso, D., Díez Herrero, A., de Andrés-Herrero, M., & Mate Gonzalez, M. A. (2025). A portable engraved stone with a fingerprint from the Middle Palaeolithic site of Abrigo de San Lázaro (Segovia, Spain). Archaeological and Anthropological Sciences, 17(6), Article 2243.
https://link.springer.com/article/10.1007/s12520-025-02243-1
Foto in copertina: Dermatoglyphic image obtained by the multispectral analysis of the red dot. Credit: D. Álvarez-Alonso et al., Archaeol Anthropol Sci (2025)