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Perché l’astensione ai referendum dell’8 e 9 giugno fa bene anche ai lavoratori

Uno dei massimi esperti di lavoro e previdenza ci spiega perché i quesiti referendari sono inutili, disonesti o dannosi.

Giuliano Cazzola Nato a Bologna nel 1941, è stato allievo di Federico Mancini,si è laureato in giurisprudenza all’Alma Mater dove è stato docente di diritto della previdenza sociale. E’ considerato uno dei massimi esperti di lavoro e previdenza. E’ editorialista del Sole 24 Ore e del QN, partecipa a parecchie trasmissioni radiofoniche e televisive, è autore di importanti saggi e di una ventina di libri sui temi del lavoro e del welfare. Dopo aver trascorso una lunga esperienza sindacale ricoprendo incarichi di rilievo locale e nazionale, dal 1994 al 2007 ha svolto funzioni di prestigio e di responsabilità negli enti previdenziali (è stato presidente dei collegi dei sindaci di Inpdap ed Inps) e nell’ambito dell’Unione europea. E’ commendatore al merito della Repubblica. E’ stato deputato del PdL nella XVI Legislatura e vice presidente della Commissione Lavoro, nonché componente della Commissione di vigilanza sugli enti previdenziali.

In un suo recente articolo l’economista Giuliano Cazzola, ha espresso forti critiche sui quesiti referendari. Qui cercheremo  di suddividere per punti i concetti, in modo chiaro e accessibile:

 

Astensione come scelta strategica:

Cazzola sostiene che l’astensione (non ritirare le schede elettorali) sia l’unico voto sensato per opporsi ai referendum, in particolare quelli sul lavoro. Votare “No” rischierebbe di contribuire al raggiungimento del quorum (50%+1 dei votanti), favorendo la vittoria del “Sì”, poiché i promotori dei referendum (soprattutto la CGIL) sono molto organizzati, mentre il fronte del “No” è debole e poco visibile.

Referendum sul Jobs Act

Referendum sul lavoro a termine

Referendum sulla sicurezza sul lavoro

Referendum sulla cittadinanza:

  1. Cazzola non entra nel dettaglio, ma approva il quesito sulla cittadinanza, pur criticando la scelta dei promotori di associarsi ai referendum sul lavoro, che considera meno validi.

Critica alla sinistra “reazionaria”

Rischi per le piccole imprese

Strategia politica della maggioranza

Importanza dell’astensione per i democratici

In sintesi, l’economista invita all’astensione per bloccare referendum che ritiene inutili o dannosi, accusando i promotori di manipolare l’opinione pubblica e sottolineando che solo il quesito sulla sicurezza sul lavoro ha un valore positivo, ma con limiti. La sua posizione è che astenersi sia una scelta politica e pragmatica per difendere le riforme del lavoro e evitare conseguenze negative.

Per leggere l’articolo completo “Vi spiego perché l’unico voto sensato è l’astensione”

 

UN RIEPILOGO 

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Tito Boeri sul Referendum: quesiti mal posti e dannosi

L’economista Tito Boeri, ex presidente dell’INPS e figura di riferimento per la sinistra italiana, ha espresso dure critiche ai quesiti referendari sul lavoro promossi dalla CGIL per il voto dell’8 e 9 giugno 2025. Durante un intervento ad Arena Robinson, lo spazio di la Repubblica al Salone del Libro di Torino, Boeri ha definito i quattro quesiti sul lavoro “mal posti e dannosi”, sostenendo che potrebbero produrre effetti opposti a quelli auspicati dai promotori, in particolare riducendo la mobilità lavorativa invece di rafforzare i diritti dei lavoratori.

Secondo Boeri, i quesiti – che mirano ad abrogare parti del Jobs Act e a modificare norme su licenziamenti, contratti a termine e appalti – ignorano le dinamiche attuali del mercato del lavoro italiano, segnato da calo demografico e da una crescente necessità di flessibilità.