Gravita Zero: comunicazione scientifica e istituzionale

Perché le narrazioni filoputiniane fanno breccia (anche se non sono vere)

Le narrazioni storiche propagandate  dalla Russia e dai filoputiniani non funzionano perché storicamente accurate, ma perché abilmente costruite per manipolare le emozioni. Esse distorcono la realtà, selezionando fatti, cancellando dettagli scomodi e reinterpretando eventi complessi in chiave ideologica. Attraverso l’identità nazionale, la semplificazione dei conflitti, la ripetizione ossessiva e la polarizzazione tra “noi” e “loro”, queste storie creano un racconto coerente, potente e facilmente assimilabile, che trasforma la realtà storica in uno strumento di propaganda.

Di seguito analizziamo i principali meccanismi che ne spiegano l’efficacia.


1. La semplificazione estrema della storia

La storia reale non è mai lineare: è un tessuto di sovrapposizioni, rotture, convivenze forzate, compromessi temporanei e conflitti irrisolti. Confini che oggi appaiono “naturali” sono spesso il risultato di guerre, matrimoni dinastici, colonizzazioni, crolli imperiali e decisioni amministrative arbitrarie. Le identità collettive stesse cambiano nel tempo: popoli che oggi si percepiscono come unitari in passato non esistevano come tali, o avevano significati completamente diversi.

La propaganda interviene proprio qui, trasformando questa complessità in un racconto morale elementare. Non una storia, ma una favola.
Pochi attori, ruoli chiari, un inizio mitico e una conclusione inevitabile.

Meccanismo della riduzione narrativa

La semplificazione avviene attraverso alcune operazioni ricorrenti:

In questo modo il passato smette di essere un intreccio e diventa una linea retta, con una direzione precisa e un obiettivo finale.

Frasi chiave come strumenti cognitivi

Espressioni come:

non sono argomentazioni storiche, ma ancore cognitive. Funzionano perché:

Chi le ascolta non è invitato a capire, ma a riconoscere una verità già data.

La cancellazione della pluralità

Uno degli effetti più profondi di questa semplificazione è l’eliminazione delle pluralità storiche:

Intere popolazioni che hanno vissuto per secoli in un territorio diventano invisibili, oppure retrocesse a comparse temporanee nella “vera” storia di qualcun altro.

Perché funziona

La semplificazione estrema è efficace perché risponde a bisogni profondi:

Accettare una storia complessa significa accettare ambiguità morali e responsabilità condivise. Accettare una storia semplificata permette invece di sentirsi nel giusto senza sforzo.

Il rischio finale

Quando il passato viene ridotto a una favola morale, il presente smette di essere uno spazio di scelta e diventa un dovere.
Se “la storia lo impone”, allora il conflitto non è più una decisione politica, ma una necessità.
E chi mette in dubbio il racconto non è uno storico critico, ma un nemico della verità.

In questo senso, la semplificazione della storia non è solo una distorsione del passato: è uno strumento potentissimo per controllare il futuro.


2. Appello all’identità e all’orgoglio nazionale

La propaganda diventa realmente potente quando smette di parlare di fatti e inizia a parlare di chi siamo. L’identità collettiva è un terreno emotivo molto più profondo della razionalità politica: non richiede prove, ma riconoscimento. Non chiede “è vero?”, ma “mi riguarda?”.

In questo quadro, il richiamo all’orgoglio nazionale non è un semplice patriottismo, ma una ricostruzione narrativa dell’io collettivo, soprattutto dopo un trauma storico.

Il trauma post-sovietico come ferita identitaria

Il crollo dell’URSS non è stato vissuto da molti russi solo come un cambiamento geopolitico, ma come una umiliazione esistenziale:

Negli anni ’90, la Russia non si è semplicemente “riformata”: ha perso una narrazione. E senza narrazione, l’identità collettiva entra in crisi.

Dall’umiliazione alla promessa

La propaganda non cerca di negare questa ferita: la amplifica, la rende centrale. Le umiliazioni storiche vengono costantemente richiamate, non per essere elaborate, ma per essere tenute aperte. L’obiettivo non è la guarigione, ma la mobilitazione.

Il messaggio implicito è:

Da qui nasce la promessa di rinascita: non una riforma graduale, ma una restaurazione morale. Non si tratta di costruire qualcosa di nuovo, ma di tornare a ciò che si era — o si crede di essere stati.

“Torniamo grandi”: semplicità e rassicurazione

Lo slogan non ha bisogno di dettagli. “Torniamo grandi” funziona perché:

È una formula emotiva, non un programma politico. Trasmette l’idea che:

In questo senso, il leader non governa: incarna.

La Russia come potenza assediata

Un elemento chiave dell’appello identitario è la rappresentazione della Russia come fortezza circondata. Anche nei momenti di evidente superiorità militare o territoriale, il discorso propagandistico insiste sull’idea di accerchiamento:

  1. rafforza la coesione interna: in un mondo ostile, il dissenso diventa sospetto;

  2. trasforma l’aggressione in difesa: ogni azione esterna può essere giustificata come preventiva o necessaria.

L’identità nazionale si struttura così in opposizione: non tanto “chi siamo”, ma “contro chi resistiamo”.

L’orgoglio come compensazione

Quando una società sperimenta a lungo perdita di potere, l’orgoglio nazionale diventa una valuta simbolica. Anche in assenza di miglioramenti materiali significativi, la sensazione di “essere temuti”, “essere rispettati”, “contare di nuovo” può compensare:

La grandezza promessa non è quindi necessariamente benessere, ma significato. Sentirsi parte di qualcosa di storico, forte, destinato a durare.

Il prezzo dell’identità blindata

Un’identità costruita sulla ferita e sull’assedio ha però un costo strutturale:

Quando l’orgoglio nazionale diventa l’asse centrale della legittimità politica, la pace diventa fragile: senza un nemico, l’identità rischia di svuotarsi.

In questo senso, l’appello all’identità non è solo uno strumento di consenso. È un meccanismo di dipendenza narrativa, in cui la società viene tenuta unita non da un progetto condiviso, ma da una memoria selettiva e da una promessa mai del tutto realizzata.


3. Linguaggio emotivo, non legale

l diritto internazionale è fatto di norme, clausole, precedenti, ambiguità interpretative. Richiede tempo, competenza, confronto. La propaganda, invece, cerca immediatezza e adesione istintiva. Per questo il linguaggio giuridico viene sistematicamente evitato o svuotato, sostituito da un vocabolario emotivo che parla direttamente alla pancia prima ancora che alla testa.

Non è una semplificazione casuale: è una scelta strategica.

Perché il linguaggio legale è un ostacolo

Il diritto internazionale ha caratteristiche incompatibili con la propaganda:

Un trattato può essere violato, reinterpretato, contestato. Una parola emotiva, invece, non si discute: si sente.

Il vocabolario della sacralizzazione

Termini come “terra sacra” spostano immediatamente il discorso:

Se una terra è “sacra”, non può essere regolata da accordi umani. Ogni compromesso diventa profanazione, ogni opposizione sacrilegio. Il conflitto non è più una disputa territoriale, ma una missione.

Il lessico familiare: “fratelli”

La parola “fratelli” dissolve confini, stati, volontà individuali.
Nessuno chiede ai fratelli se vogliono essere salvati: li si protegge “per il loro bene”.

Questo linguaggio:

Se qualcuno rifiuta l’abbraccio, il rifiuto non è una scelta: è una manipolazione subita da forze esterne.

“Liberazione”: l’aggressione che cambia nome

Il termine “liberazione” è uno dei più potenti strumenti semantici della propaganda. Ribalta completamente la dinamica dei fatti:

“Tradimento storico”: colpa senza scadenza

Parlare di “tradimento storico” significa:

Intere generazioni diventano responsabili di scelte che non hanno compiuto. Il tempo non guarisce, non evolve: accumula debiti morali da riscuotere nel presente.

Emozione come scorciatoia cognitiva

Nella comunicazione di massa, le emozioni funzionano come scorciatoie mentali:

Il silenziamento del diritto

Quando il linguaggio emotivo domina:

Chi richiama trattati e norme viene dipinto come:

In questo modo, la legalità non viene confutata: viene delegittimata emotivamente.

L’effetto finale

Il linguaggio emotivo non dimostra, impone.
Non argomenta, incornicia.
Non convince, mobilita.

Quando il discorso pubblico è saturato di termini carichi emotivamente, il conflitto non ha più bisogno di giustificazioni legali: è già stato giustificato sul piano morale.

E una volta che una guerra è presentata come “liberazione” di una “terra sacra” per “fratelli traditi”, il diritto internazionale non appare più come una cornice di civiltà, ma come un fastidio da ignorare.


4. Costruzione del nemico

Ogni narrazione propagandistica ha bisogno di un antagonista chiaro:

In questo modo l’invasione non appare come aggressione, ma come difesa preventiva.


5. Selezione della memoria (cherry picking)

La propaganda raramente mente in modo frontale. Mentire è rischioso: i fatti possono smentire. Molto più efficace è scegliere cosa ricordare.

La memoria diventa un archivio manipolabile, non un racconto completo.

Il passato come magazzino

La storia viene trattata come un deposito di immagini, episodi, simboli. Non tutto è utile. Alcune parti rafforzano la narrazione, altre la disturbano.

Perciò:

Non c’è negazione esplicita: c’è silenzio selettivo.

Normalizzare il potere, rimuovere la violenza

La selezione della memoria ha una funzione chiara: rendere il potere storico naturale, e la violenza accidentale.

La grandezza viene presentata come:

Le deportazioni, le carestie, le repressioni diventano:

Mai elementi costitutivi del sistema.

Continuità artificiale

Attraverso il cherry picking, si costruisce una linea di continuità immaginaria:

Sistemi politici diversissimi vengono fusi in un’unica “storia nazionale”, unita non da istituzioni o valori, ma dalla potenza.

In questa continuità forzata:

Memoria come strumento, non come spazio critico

La memoria selezionata non serve a comprendere il passato, ma a disciplinare il presente.

Ricordare solo ciò che rafforza l’orgoglio:

Chi insiste su deportazioni, carestie, colonialismo interno non è visto come qualcuno che cerca verità, ma come chi “indebolisce la nazione”.

Effetto finale: passato chiuso, futuro obbligato

Quando il nemico è chiaramente definito e la memoria accuratamente selezionata:

La storia non è più uno spazio di interrogazione, ma un arsenale narrativo.
E in un arsenale, ciò che non serve viene lasciato indietro — non perché falso, ma perché pericoloso.


6. Ripetizione costante: l’effetto “verità illusoria

Un messaggio ripetuto continuamente tende a sembrare vero anche senza prove.
La ripetizione crea familiarità, e la familiarità viene scambiata per verità.

La propaganda non ha bisogno di dimostrare ogni affermazione. Esiste un meccanismo psicologico molto potente: l’effetto della verità illusoria (illusory truth effect). Più una frase viene ripetuta, più il cervello la percepisce come plausibile, indipendentemente dal suo contenuto reale.

Questo principio psicologico è alla base della ripetizione costante nella comunicazione propagandistica.

Meccanismo psicologico

In sostanza, la ripetizione trasforma l’esposizione in credenza, anche in assenza di prove oggettive.

Canali di diffusione

La narrazione propagandistica non si limita a un singolo mezzo, ma sfrutta una saturazione multicanale:

La costante esposizione in ambiti diversi rinforza l’illusione che il messaggio sia verità consolidata.

Ripetizione e costruzione della realtà

Quando un messaggio viene ripetuto incessantemente:

Il risultato è una realtà percepita, più che una realtà verificata.

Ripetizione e coesione sociale

Il ripetersi dei messaggi serve anche a creare unità collettiva:

L’effetto cumulativo

In pratica, la ripetizione costante trasforma la propaganda da semplice strumento di persuasione a filtro permanente della percezione della realtà, dove la familiarità viene scambiata per verità e il dubbio diventa marginale o socialmente pericoloso.


7. Assenza di contro-narrazioni interne

La propaganda non deve confrontarsi con alternative reali perché:

La ripetizione costante non è solo frequenza: è saturazione multicanale, cioè il messaggio si insinua in tutti gli ambiti della vita sociale, rinforzando la percezione di verità.

Canali principali

Effetto sulla percezione della realtà

La ripetizione costante trasforma il messaggio in cornice interpretativa:

Il risultato non è più una comprensione dei fatti, ma una realtà percepita plasmata dalla narrativa dominante.

Funzione sociale

La ripetizione consolida anche l’unità interna:

Effetto cumulativo


7. Assenza di contro-narrazioni interne

La propaganda funziona in maniera più efficace quando non ci sono alternative a cui confrontarsi. Il monopolio narrativo garantisce che la popolazione riceva un’unica versione degli eventi.

Meccanismi di esclusione

Conseguenze del monopolio narrativo

Sinergia con la ripetizione

L’assenza di contro-narrazioni amplifica l’effetto della ripetizione:


8. Ambiguità calcolata

Le formule usate sono volutamente vaghe

Questa ambiguità consente di adattare il messaggio a pubblici diversi senza mai doverlo dimostrare.

L’ambiguità nella propaganda non è un errore, ma una scelta strategica. Frasi volutamente vaghe o termini generici permettono di comunicare messaggi apparentemente forti senza esporsi alla verifica fattuale. Il linguaggio ambiguo consente di adattare la narrazione a contesti diversi e di eludere critiche precise.


Meccanismi principali

1. Uso di termini storici generici

Espressioni come “storicamente russe” evocano legittimità e continuità, ma senza precisare:

L’ambiguità storica rende difficile contestare il messaggio, perché “storicamente” può significare tutto e niente a seconda dell’interpretazione.

2. Volontà del popolo

Frasi come “rispettiamo la volontà del popolo” sembrano democratiche, ma non specificano:

La vaghezza permette di rivendicare consenso senza dimostrarlo.

3. Termini evocativi ma indefiniti

Parole come “giustizia storica”, “liberazione”, “protezione dei fratelli” non indicano procedure o criteri oggettivi.

Consentono di:


Funzioni dell’ambiguità

Flessibilità comunicativa

Lo stesso messaggio può essere interpretato in modi diversi da pubblici differenti:

Non serve fornire prove concrete: la vaghezza fa sì che tutti possano “leggere” ciò che vogliono leggere.

Protezione dall’evidenza contraria

Ambiguità = immunità parziale alle critiche.

Se qualcuno contesta il significato storico, legale o politico, il messaggio può essere reinterpretato senza perdere efficacia.

Creazione di un effetto morale

Frasi vaghe evocano giustizia, legittimità e moralità senza definire criteri concreti.
Così, anche azioni controverse possono essere presentate come necessarie o inevitabili.


Ambiguità e percezione del consenso


Effetto cumulativo

L’ambiguità calcolata, combinata con:

crea una rete narrativa resistente: anche se singoli dettagli vengono confutati, il messaggio principale resta intatto, flessibile e persuasivo.

In pratica, la vaghezza diventa un paracadute narrativo, che permette alla propaganda di:

senza mai doversi confrontare con dati concreti o prove verificabili.


 

9. Perché funziona anche fuori dalla Russia

Queste narrazioni attecchiscono anche all’estero perché:

Non richiedono adesione ideologica, solo disillusione.

Le narrazioni propagandistiche russe non sono progettate esclusivamente per un pubblico interno. Molti dei loro messaggi sono trasferibili, perché sfruttano dinamiche psicologiche e politiche universali, facendo leva su conoscenze incomplete e pregiudizi già presenti in altri contesti.

1. Sfruttamento della scarsa conoscenza storica

2. Sfruttamento di sentimenti anti-USA e anti-NATO

3. Linguaggio del realismo geopolitico

4. Non richiede adesione ideologica, solo disillusione

5. Effetto moltiplicatore sui social e nei media internazionali

6. Effetto complessivo

Questo genera zona grigia di consenso o indifferenza, un terreno fertile per influenzare opinione pubblica, media e decisioni politiche.


La macchina propagandistica russa: sintesi dei 9 punti

La propaganda russa funziona come un sistema integrato, costruito per plasmare percezioni, giustificare azioni e consolidare consenso sia all’interno che all’estero. La storia viene presentata in modo semplificato, riducendo secoli complessi di eventi e pluralità etniche a una narrazione lineare e morale: terre “storicamente russe” rubate e una presunta missione di correzione delle ingiustizie passate legittimano il presente.

Questo appello si intreccia con la costruzione dell’identità nazionale, che sfrutta le ferite post-sovietiche e la nostalgia imperiale, promettendo rinascita e grandezza e trasformando la Russia in una potenza assediata il cui agire appare inevitabile. La comunicazione privilegia un linguaggio emotivo, ricco di termini come “terra sacra” o “liberazione”, che sostituiscono norme giuridiche e trattati, facendo leva sulle emozioni più che sui fatti.

Il nemico viene costruito in maniera chiara e semplificata: l’Occidente è ipocrita e aggressivo, la NATO rappresenta una minaccia esistenziale e l’Ucraina è uno Stato artificiale, rendendo l’aggressione giustificabile come difesa preventiva. La selezione della memoria storica rinforza la narrativa, evidenziando la grandezza dell’Impero Russo e dell’URSS, e ignorando repressioni, deportazioni e aspetti coloniali, creando una continuità artificiale che legittima il presente.

La ripetizione costante dei messaggi attraverso televisione, discorsi ufficiali, libri scolastici e social media controllati rafforza la familiarità e la percezione di verità, mentre l’assenza di contro-narrazioni interne, con media indipendenti soppressi, opposizione repressa e storici critici marginalizzati, elimina qualsiasi alternativa alla narrativa dominante. L’ambiguità calcolata dei termini usati permette di adattare i messaggi a diversi pubblici senza dover fornire prove concrete, mentre la stessa propaganda funziona anche all’estero perché sfrutta la scarsa conoscenza storica, sentimenti anti-USA o anti-NATO già diffusi e un linguaggio realistico-geopolitico che non richiede adesione ideologica ma solo disillusione. Nel complesso, questi elementi si combinano in una macchina narrativa coerente e resistente alle critiche, capace di definire la realtà percepita, mobilitare emozioni e consolidare consenso, rendendo difficile distinguere tra verità effettiva e costruzione propagandistica.