Gravita Zero: comunicazione scientifica e istituzionale

Nell’occhio del fotone. Un luminoso viaggio dal Sole alla coscienza

L’autore del libro, il dottor Gianni Amerio, ci mostra il viaggio di un fotone (che nel libro viene identificato come una “Pallina di luce”), dalla nascita nel Sole fino ad arrivare ai nostri occhi (nel libro sono gli occhi di Elisa) e di come questo metta in moto tutto un sistema complesso di rilevatori di particelle, che ci permetterà poi di vedere ciò che ci circonda.

La prima parte del libro è concentrata molto sulla fisica moderna, dove vengono spiegati anche dettagliatamente, tutti i fenomeni che riguardano un fascio di luce. Per chi ha una formazione scientifica, questa potrebbe sembrare una sorta di ripasso dei primi esami di fisica che tuttavia è indispensabile per capire poi tutti i fenomeni chimici e biochimici che avvengono nell’occhio. L’occhio per l’appunto, che viene descritto in maniera molto dettagliata dalla parte superficiale fino alla struttura più interna, quella neuronale, collegata al cervello dove il segnale fisico viene convertito in immagini. Tutto il libro risulta chiaro e molto dettagliato, adatto a chiunque sia appassionato di materie scientifiche, e molto piacevole da leggere grazie ad un tono e ad un linguaggio molto leggero usato nell’esposizione.

Abbiamo intervistato l’autore dell’ opera:

Dottor Amerio perché ha scelto la specializzazione in Oculistica?

Il primo pensiero riguardo alla specializzazione lo rivolsi in realtà alla Neurologia. Mi affascinava studiare l’organo che, per certi versi, ci rende così “particolari”. Poi, un po’ per volta, la scelta cadde sull’Oftalmologia. Fu una decisione per certi versi non così diversa, poiché l’occhio è in fin dei conti la parte del nostro cervello affacciata sul mondo: un piccolo organo di ventiquattro millimetri di diametro, ma un microscopico universo, di una complessità estrema.

 

Quale motivazione l’ha spinta a scrivere “Nell’occhio del fotone?”

Nella presentazione del libro, l’amico Dario Corradino scrive: “Il viaggio della luce, quello che ti consente di vedere le meraviglie e le miserie del mondo, è uno dei tanti banali miracoli che ti accompagnano per tutta la vita.” Ebbene, nel mio lavoro, come medico oculista mi occupo di una parte infinitesima di questo viaggio, iniziato tantissimi anni fa, a milioni di chilometri di distanza da noi. Perché allora non allargare per una volta lo sguardo, rivolgendolo a quello che avviene prima e dopo che la luce ha attraversato i nostri occhi?

Di solito, quando si parla di argomenti inerenti alla visione, si tratta di come funziona l’occhio, della sensazione del “vedere”, di come la luce si comporti dal punto di vista ottico… In tutti i casi, un punto di vista soggettivo, dove il protagonista è l’uomo. L’idea che mi è venuta in mente nello scrivere “Nell’occhio del fotone” è stata quella di compiere un cambio di prospettiva, cercando di analizzare il processo visivo da un altro punto di vista, quello di chi in definitiva lo permette, ossia la luce o, per meglio dire, il suo elemento ultimo, il fotone.

 

Perché ha scelto una spiaggia come luogo per descrivere il comportamento del fotone che arriva agli occhi di Lisa?

Un inverno, sdraiato su una spiaggia, con gli occhi socchiusi mi crogiolavo al tepore del Sole. Mi venne allora da riflettere, paragonando quella sensazione di calore a quella derivante dal fuoco acceso in un camino. A quattro-cinque metri di distanza, non ne avrei avvertito più il calore sulla pelle, mentre il fuoco che mi stava scaldando era situato trenta miliardi di volte più lontano.

Come trascurare poi che la spiaggia è per definizione il luogo dove i protagonisti sono il Sole e il mare; anche quest’ultimo è citato alcune volte nel libro per spiegare la teoria ondulatoria della luce.

 

Lisa, che lei cita spesso nel suo libro, è un personaggio inventato o rappresenta qualcuno in particolare?

Lisa è un personaggio inventato e rappresenta in sostanza ognuno di noi.

Perché il nome? Forse un retaggio del subconscio; qualcuno ricorderà una vecchia canzone, tormentone del lontano ’69 (“Lisa dagli occhi blu”).

 

A chi pensa possa essere indirizzato il suo libro?

Il processo della visione è un meccanismo estremamente complesso, che in maniera diversa coinvolge fisici, astronomi, ottici, ortottisti, medici oculisti, neurologi, psicologi, filosofi. A ognuno di essi può interessare scoprire aspetti diversi di un processo, quello visivo, di cui si occupa in maniera settoriale.

 

Crede che possa attrarre anche persone al di fuori della scienza?

La visione è un qualcosa che coinvolge tutti, non solo gli “addetti ai lavori”. Chi è curioso di scoprire cosa si cela sotto fenomeni cui sovente non prestiamo attenzione, mi auguro possa trovare nel mio libro conoscenze e spunti interessanti. Ho cercato di rendere semplici concetti sicuramente impegnativi, non banalizzandoli, utilizzando un linguaggio corrente e non specialistico.

 

Delle volte le persone trascurano i propri occhi, toccandoli ad esempio con le proprie mani sporche. Crede che leggendo il suo testo ci potrà essere una maggiore sensibilizzazione verso questi importanti strumenti di cui la natura ci ha dotati?

Delicate strutture e sofisticati meccanismi permettono al nostro occhio di captare la radiazione elettromagnetica chiamata luce e trasformarla in impulsi elettrici. Il conoscerli e comprenderli è il primo passo per capire quanto sia prezioso il bene rappresentato dalla vista, e quindi imparare a custodirlo e proteggerlo. La maggior parte delle persone ignora la complessità del nostro organo visivo e la colpa, molte volte (lo dico recitando un mea culpa), è anche di noi medici oculisti, che banalizziamo il nostro lavoro. Un esempio per tutti: il comune intervento di cataratta, che per fortuna dalla parte del paziente comporta un’ospedalità ridotta e brevi tempi di recupero, è in realtà un intervento di microchirurgia tutt’altro che banale, dove il chirurgo utilizza in contemporanea le due mani attaccate agli strumenti e i due piedi ai pedali del microscopio operatorio e del facoemulsificatore, lavorando in uno spazio di 40-50 mm3, attraverso incisioni di 2-3 mm.

 

Lei dice che l’occhio è un importante strumento per comprendere ciò che ci circonda. Secondo la sua esperienza, una persona non vedente come si approccia al mondo reale?

A volte si può essere ciechi pur vedendo e grandi osservatori pur non avendo il dono della vista.

Nonostante gli occhi trasmettano circa l’80% delle informazioni provenienti dall’ambiente esterno, le persone non vedenti sono in grado di sviluppare o potenziare canali percettivi inusuali. In fin dei conti, come evidenziato nel libro, la visione è un processo psico-fisico, dove gli stimoli luminosi vengono utilizzati dal nostro cervello per ricostruire il mondo reale, non tanto come una fedele immagine cinematografica, quanto piuttosto come un quadro, dove l’artista rielabora la realtà, condendola di emozioni e significati. Ebbene, questa ricostruzione dell’ambiente che ci circonda può essere derivata anche da tutti gli altri stimoli sensoriali non visivi.

 

Il libro, disponibile nelle librerie, si può acquistare anche sul sito di  Edizioni Lindau  in formato cartaceo o epub.