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Le politiche di Trump criticate dai “premi Nobel” dell’economia

Le politiche economiche di Donald Trump, durante il suo secondo mandato iniziato nel 2025, hanno alimentato un intenso dibattito tra gli economisti, divisi tra critiche severe e valutazioni più favorevoli. Le aree di maggiore discussione includono tariffe doganali, tagli fiscali, deregolamentazione, politiche migratorie e possibili interferenze con la Federal Reserve.
L’analisi che segue, basata su fonti aggiornate e affidabili, sintetizza i principali punti di vista.


1. Tariffe doganali

Trump ha posto le tariffe al centro della sua strategia economica, adottando un approccio di “industrializzazione per sostituzione delle importazioni” per proteggere l’industria nazionale e ridurre il deficit commerciale. Ha introdotto tariffe del 10-20% su tutte le importazioni e fino al 60% su quelle provenienti dalla Cina.

Critiche principali:


2. Tagli fiscali

Trump intende prolungare i tagli fiscali del Tax Cuts and Jobs Act del 2017, con un costo stimato di 4,5-5 trilioni di dollari in dieci anni.

Critiche principali:


3. Deregolamentazione

L’agenda di deregolamentazione, inclusa la creazione del Department of Government Efficiency guidato da Elon Musk, mira a semplificare la burocrazia federale.

Critiche principali:


4. Politiche migratorie

Trump ha annunciato piani per deportare fino a 11 milioni di immigrati irregolari.

Critiche principali:


5. Federal Reserve

Trump ha criticato l’indipendenza della Federal Reserve, lasciando intendere l’intenzione di influenzarne le decisioni sui tassi di interesse.

Critiche principali:


6. Percezione pubblica e dati


Riassumendo

Ovviamente ci sono anche opinioni favorevoli come quella di Scott Bessent che però è Segretario al Tesoro e dunque non privo di conflitti di interesse, che dichiara come le riduzioni fiscali incentiveranno gli investimenti e la competitività delle imprese USA. Lui e una minoranza conservatrice (sic!), vede in tariffe e deregolamentazione un’occasione per rafforzare il tessuto industriale e ridurre la dipendenza dall’estero.

Ma la maggioranza degli economisti teme che la combinazione di tariffe, tagli fiscali e restrizioni migratorie non potrà far altro  generare inflazione, frenare la crescita e ampliare il debito federale.