Gli Emirati Arabi Uniti hanno annunciato un’iniziativa destinata a cambiare radicalmente il panorama legislativo globale: l’adozione dell’intelligenza artificiale (IA) come strumento primario per redigere nuove leggi, aggiornare normative esistenti e semplificare i processi legislativi. Si tratta del primo Paese al mondo a integrare l’IA in modo così centrale nel proprio sistema normativo, superando di fatto il ruolo meramente consultivo che l’IA ha assunto altrove.
La notizia fa seguito a quella per cui a partire dall’anno scolastico 2025-2026, l’Intelligenza Artificiale diventerà materia obbligatoria in tutte le scuole pubbliche degli Emirati Arabi Uniti, dalla scuola dell’infanzia alla secondaria. Una iniziativa, annunciata dal Primo Ministro Sheikh Mohammed bin Rashid al-Maktoum e guidata dal Ministero dell’Educazione di Sarah Al-Amiri, che mira a formare cittadini digitalmente consapevoli e pronti alle sfide della rivoluzione tecnologica.
Dunque ’annuncio, dato dal primo ministro e sovrano di Dubai, lo sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum, non ci coglie impreparati e segna una nuova tappa nella strategia digitale emiratina, che punta a trasformare la governance attraverso l’automazione e l’analisi predittiva. Il progetto è gestito dal nuovo Regulatory Intelligence Office, organismo incaricato di supervisionare l’uso dell’IA nei processi legislativi.
Secondo i dati ufficiali, l’utilizzo dell’intelligenza artificiale potrà aumentare la velocità e l’efficienza del processo legislativo del 70%, consentendo di produrre testi normativi più chiari, coerenti e tradotti automaticamente in più lingue, in un Paese dove il 90% della popolazione è composta da stranieri. Il sistema si baserà su analisi di precedenti giudiziari, individuazione automatica di lacune normative e generazione autonoma di bozze legislative.
Un primato che fa discutere
Se da un lato l’iniziativa è salutata come un passo avanti nella digitalizzazione dello Stato, dall’altro solleva dubbi su trasparenza, etica e responsabilità democratica. I critici parlano di “processi opachi” dovuti al funzionamento delle IA, spesso basate su modelli di machine learning non immediatamente interpretabili dagli esseri umani. Il timore è che, in assenza di un controllo umano rigoroso, l’IA possa proporre soluzioni normative “strane”, inadatte al contesto socio-culturale o addirittura discriminatorie.
A lanciare l’allarme sono diversi esperti internazionali. Vincent Straub, ricercatore all’Università di Oxford, ha messo in guardia dai rischi di “allucinazioni” — contenuti formalmente corretti ma concettualmente errati — prodotti da alcuni modelli generativi. Marina De Vos, docente all’Università di Bath, sottolinea l’importanza di affiancare all’IA una supervisione umana continua per prevenire derive autoritarie o semplici errori sistemici.
Un piano ambizioso e di lungo termine
Non è la prima volta che gli Emirati Arabi Uniti guidano l’innovazione nell’ambito dell’IA. Già nel 2017, il governo aveva istituito il primo Ministero per l’Intelligenza Artificiale al mondo, affidandolo a Omar Bin Sultan Al Olama, figura chiave nello sviluppo della UAE National Strategy for Artificial Intelligence 2031. L’obiettivo dichiarato è quello di far crescere il PIL nazionale del 35% entro il 2030, riducendo contemporaneamente i costi della macchina pubblica del 50%.
Il Paese ha anche investito nella formazione e nella ricerca, con la creazione della Mohamed bin Zayed University of Artificial Intelligence (MBZUAI) e lo sviluppo del modello linguistico arabo JAIS, uno dei più avanzati nella regione. Recentemente è stata annunciata anche una partnership da 1,5 miliardi di dollari con Microsoft, a conferma delle ambizioni globali di Abu Dhabi e Dubai nel settore.
E la democrazia?
La scelta degli Emirati pone interrogativi anche in ambito geopolitico. Se l’efficienza normativa ottenuta tramite IA potrà rappresentare un vantaggio competitivo notevole, resta il dubbio su come questo impatterà i processi democratici. In un Paese dove la partecipazione politica è già limitata, l’eliminazione del dibattito legislativo umano a favore di decisioni automatizzate potrebbe ulteriormente ridurre lo spazio per il confronto pubblico e il controllo delle istituzioni.
Il Regulatory Intelligence Office non ha ancora reso noti i protocolli di sicurezza, né gli strumenti di verifica o auditing indipendente sui testi generati dall’IA. Un vuoto che desta preoccupazione in molti osservatori internazionali.
Un precedente pericoloso o un modello da seguire?
Al momento, nessun altro Paese ha deciso di affidare in maniera così estensiva all’intelligenza artificiale il compito di legiferare. In altre nazioni — dagli Stati Uniti all’Unione Europea — l’IA viene utilizzata come supporto per simulazioni, analisi dei dati o redazione di bozze, ma la responsabilità decisionale resta saldamente in mano umana.
Gli Emirati, dunque, si candidano a diventare un laboratorio globale per testare l’applicabilità dell’IA nei processi normativi. Ma se il progetto dovesse rivelarsi fallimentare o dannoso, potrebbe servire anche da monito per le democrazie liberali che oggi guardano con interesse (ma anche cautela) all’automazione legislativa.
In un contesto in cui la tecnologia corre più veloce della politica, la sfida emiratina non è solo tecnica, ma profondamente etica e civile.