La storia delle due bottiglie di birra nel tunnel del CERN è reale, ma è stata nel tempo un po’ mitizzata.
Correva l’anno 1996 e al CERN — il santuario della fisica delle particelle, il tempio dove le menti più brillanti del pianeta si sfidano a colpi di formule e collisioni — si respirava un’aria carica di aspettativa. Si stava per completare l’aggiornamento del LEP (Large Electron-Positron Collider), l’anello sotterraneo da 27 km che corre come una ciambella tecnologica sotto la campagna svizzera e francese.
L’obiettivo? Misurare con una precisione mai vista i bosoni W⁺ e W⁻, particelle fondamentali per capire la forza nucleare debole. Un piccolo passo per un acceleratore, un grande balzo per la comprensione dell’universo.
Insomma, tutto sembrava pronto per l’ennesimo trionfo della scienza. Ma, come spesso accade, la realtà aveva altri piani. Quando gli scienziati iniziarono i test, qualcosa andò storto. I fasci di particelle, che di solito correvano lungo l’anello come frecce impazzite nella notte subatomica, si bloccavano misteriosamente. Un po’ come un treno ad alta velocità che, invece di sfiorare i 300 all’ora, si ferma perché… qualcuno ha lasciato il freno a mano tirato.
All’inizio si pensò a un errore nei magneti, a una fluttuazione quantistica fuori scala, o magari a un sabotaggio orchestrato da qualche nemico giurato del Modello Standard. E invece, la verità era molto più… frizzante.
Dopo giorni di controlli, simulazioni, e frenetici scambi tra scienziati con camici, badge e occhiaie, venne fatta la scoperta che nessun teorico si sarebbe mai aspettato: due bottiglie di birra erano incastrate nel tubo del fascio. Sì, proprio lì dove si sarebbe dovuto formare il vuoto assoluto più perfetto della Terra — un ambiente così sterile e inospitale che persino una molecola d’aria è vista come un’invasione aliena — c’erano due bottiglie. Probabilmente vuote. Di birra.
Un brindisi alla meccanica quantistica
Le reazioni furono, come si può immaginare, piuttosto animate. C’era chi s’indignava, chi sgranava gli occhi, e chi, sottovoce, chiedeva se almeno fosse una birra belga artigianale o una semplice lager da discount.
Fu allertata la polizia svizzera, perché al CERN non si scherza: il rischio di sabotaggio non poteva essere escluso. L’indagine fu ufficiale. C’era un fascicolo, dei verbali, probabilmente anche delle impronte digitali su vetro e tappo. In molti si immaginarono un misterioso infiltrato, forse un agente doppio con problemi con la fisica o con l’alcol.
In realtà, non si scoprì mai chi le mise lì. Qualcuno sospetta che si sia trattato di un atto vandalico di qualche tecnico di passaggio, qualcun altro ipotizza un tentativo (fallito) di nascondere prove di un party non autorizzato nei meandri del tunnel.
I fisici teorici, invece, iniziarono a elaborare ipotesi: e se fosse stata una fluttuazione quantistica talmente bizzarra da teletrasportare due bottiglie da un bar di Ginevra direttamente nel cuore dell’acceleratore?
Stringhe, multiversi, birra… Tutto era sul tavolo.
Un finale tutto da stappare
La buona notizia è che nessun componente dell’acceleratore fu danneggiato. Le bottiglie furono rimosse, il vuoto ricreato, e il LEP riprese il suo lavoro come se nulla fosse.
Ma la leggenda delle bottiglie nel tunnel rimase. Perché sì, può succedere che un progetto multimiliardario, con decine di dottorati al lavoro, venga fermato da due bottiglie di birra. La scienza è fatta di grandi teorie, ma anche di piccoli inciampi molto umani.
Ogni tanto, nei corridoi del CERN, qualcuno ancora scherza:
“Occhio al tubo del fascio… che non ci siano bottiglie!”
E c’è sempre il collega che risponde:
“Al massimo lasciatene una per dopo. Magari un brindisi al bosone di Higgs.”
FONTI
1. New Scientist
Fonte principale e storicamente la più citata sull’episodio.
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Titolo: Someone’s been drinking at the LEP
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Pubblicazione: New Scientist, 6 luglio 1996
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Descrizione: L’articolo riportava che due bottiglie di birra erano state trovate all’interno del tubo del fascio del LEP durante una fase di manutenzione. Il CERN aveva preso molto sul serio la vicenda e aveva aperto un’indagine per possibile sabotaggio.
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2. “The Particle Odyssey” – Frank Close, Michael Marten, Christine Sutton
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Libro pubblicato nel 2002, da Oxford University Press
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Pagina 156 (edizione inglese): racconta il fatto delle bottiglie con tono serio ma leggermente ironico, a testimonianza della veridicità dell’episodio.
ISBN: 978-0198609438
3. Anecdotes riportate da fisici e divulgatori
Diverse testimonianze orali e articoli informali riportano la storia come esempio emblematico di “banale errore umano” o sabotaggio non identificato nel contesto ultra-tecnologico del CERN. Tra questi:
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Blog del fisico Tommaso Dorigo (INFN/CERN, CMS)
➤ Ha menzionato l’episodio come esempio nei suoi post, pur senza farne un caso centrale.
Blog: http://www.science20.com/quantum_diaries_survivor (cerca “beer bottles LEP”)
4. Forum di fisici e Reddit
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Su Physics StackExchange e Reddit/r/Physics, la storia viene periodicamente menzionata da studenti e ricercatori come un “cautionary tale” divertente ma reale.
5. CERN – Comunicazioni informali
Il CERN non ha una pagina ufficiale dedicata all’episodio (non rientra nei comunicati formali), ma diversi ex-dipendenti o collaboratori hanno confermato in interviste e testimonianze l’esistenza del caso, trattato seriamente all’epoca come potenziale rischio di sabotaggio.
L’episodio è verificabile e documentato, anche se non pubblicizzato ufficialmente dal CERN (per ovvi motivi d’immagine). È parte della mitologia interna della fisica delle particelle, raccontata tra serietà e ironia — un po’ come la mela di Newton, ma con più luppolo.