Il 16 luglio 2025 Amazon festeggia trent’anni. Un traguardo simbolico che segna l’ascesa del colosso fondato da Jeff Bezos da semplice libreria online a gigante tecnologico, economico e persino politico. In tre decenni, Amazon ha trasformato il modo in cui acquistiamo, lavoriamo, leggiamo e guardiamo film. Eppure tutto iniziò in modo sorprendentemente modesto: in un garage nei sobborghi di Seattle.
Dalle librerie ai server: l’inizio
Correva l’anno 1994 quando Jeff Bezos, all’epoca 30enne e vicepresidente di D.E. Shaw, lasciò un lavoro sicuro e ben retribuito nel cuore di Wall Street. La motivazione? L’intuizione che Internet stesse crescendo a ritmi esponenziali. Bezos stilò una lista di prodotti che si sarebbero potuti vendere online. I libri emersero come la scelta ideale: offerta vastissima, domanda elevata e facilità di spedizione.
Con un capitale iniziale di circa 250.000 dollari raccolti da amici e parenti, Bezos fondò la società Cadabra, poi rinominata Amazon.com, in omaggio al Rio delle Amazzoni: il fiume più grande del mondo, metafora del suo ambizioso progetto.
Il sito venne ufficialmente lanciato il 16 luglio 1995. Era una semplice libreria virtuale, ma già allora offriva più titoli di qualsiasi libreria fisica.
La strategia iniziale: crescere a tutti i costi
Fin dal principio, la strategia di Bezos fu chiara: puntare sulla crescita piuttosto che sul profitto immediato. Amazon investì ogni dollaro guadagnato in infrastrutture, tecnologia e logistica, accumulando perdite per anni. Ma dietro questa visione c’era un piano preciso: diventare la piattaforma di riferimento per ogni tipo di acquisto online.
Nel 1997 Amazon si quota in Borsa, attirando l’attenzione degli investitori e consentendo una raccolta di capitali fondamentale per la sua espansione. Nel 1998 arriva l’apertura verso la musica, poi l’elettronica, l’abbigliamento e infine, con il lancio del Marketplace, la possibilità per terzi di vendere i propri prodotti sulla piattaforma. Questo modello ibrido rivoluzionerà il commercio online, favorendo la capillarità dell’offerta e abbattendo i costi.
Gli anni 2000: tra crisi e consolidamento
La bolla delle dot-com del 2000 colpisce duramente anche Amazon, ma l’azienda sopravvive grazie a un’aggressiva diversificazione. Lancia AWS (Amazon Web Services), oggi leader globale nel cloud computing. Nel 2007 entra nel settore dei libri digitali con Kindle, diventando editore e distributore.
Alcuni tentativi falliscono – su tutti, il Fire Phone, smartphone lanciato e ritirato nel giro di poco – ma altri si rivelano dirompenti: il dispositivo Alexa, l’acquisizione di Whole Foods, il potenziamento della logistica con droni e magazzini robotizzati, fino allo sbarco nel settore bancario, con linee di credito per i venditori e una futura banca digitale all’orizzonte.
Amazon oggi: potere economico, culturale e politico
Oggi Amazon è molto più di un e-commerce. È un impero digitale che spazia dalla vendita al dettaglio alla logistica, dall’intrattenimento (con Amazon Prime Video) alla tecnologia cloud, passando per la robotica, l’intelligenza artificiale e – con il progetto Project Kuiper – anche l’Internet satellitare, in aperta sfida a Starlink di Elon Musk.
L’azienda ha sede a Seattle ma ha espanso la sua influenza in tutto il mondo, Italia compresa (Amazon.it è nato nel 2010). Oggi è uno dei maggiori datori di lavoro globali, con oltre 1,5 milioni di dipendenti.
Politicamente, Amazon è al centro di numerose controversie. Negli Stati Uniti è oggetto di inchieste antitrust per presunte pratiche monopolistiche, mentre in Europa è spesso sotto la lente per questioni fiscali e concorrenza sleale. I sindacati ne denunciano da anni le condizioni di lavoro nei magazzini. E se da una parte il fondatore Bezos finanzia massicciamente cause ambientali e iniziative spaziali tramite Blue Origin, dall’altra i suoi rapporti con i governi – incluso il Pentagono – suscitano preoccupazione tra gli attivisti.
Negli ultimi anni Amazon ha anche rafforzato il proprio lobbying politico, soprattutto negli Stati Uniti, dove è uno dei principali finanziatori di campagne elettorali bipartisan. A Washington come a Bruxelles, è ormai considerato un interlocutore economico e strategico.
I pericoli del monopolio per l’Italia
L’espansione di Amazon in Italia ha portato indubbi vantaggi per i consumatori: spedizioni rapide, vasta scelta, prezzi competitivi. Tuttavia, questo modello comporta rischi evidenti per il tessuto economico nazionale, soprattutto per le piccole e medie imprese (PMI) che faticano a competere con le logiche iper-industrializzate del colosso americano.
In molte città italiane, i negozi di quartiere sono stati messi in crisi da un sistema che favorisce la comodità dell’acquisto online ma impoverisce il commercio locale. Inoltre, le commissioni applicate dal Marketplace di Amazon ai venditori terzi sono spesso elevate, e la dipendenza dalla piattaforma può diventare una trappola per chi non ha alternative digitali.
Anche dal punto di vista fiscale, i margini di elusione sono oggetto di critiche. Nonostante la presenza operativa nel Paese, gran parte degli utili generati in Italia viene tassata altrove, spesso in Paesi con regimi fiscali più favorevoli. Questo provoca un danno al bilancio pubblico e alimenta una concorrenza sleale con le imprese italiane che pagano tasse integralmente sul territorio nazionale.
Infine, c’è un rischio culturale e strategico: affidarsi in modo crescente a un’unica piattaforma significa concentrare troppo potere in mani straniere, con possibili ripercussioni sull’indipendenza digitale e commerciale del Paese. Il caso dell’interruzione dei servizi AWS, da cui dipendono migliaia di aziende italiane, dimostra quanto questa dipendenza possa diventare un vettore di vulnerabilità sistemica.
Cosa ci riserba il futuro?
Nel luglio del 2025 Jeff Bezos è ancora una delle figure più influenti al mondo, con un patrimonio stimato di circa 180 miliardi di dollari, secondo Forbes. Anche se ha lasciato la guida operativa dell’azienda nel 2021, il suo spirito imprenditoriale continua a permeare ogni strategia del gruppo.
Amazon, a trent’anni dalla sua nascita, non è solo un’azienda: è un ecosistema in continua espansione. E se il futuro sarà dominato da intelligenza artificiale, logistica autonoma e spazio, possiamo scommettere che il nome Amazon continuerà a restare protagonista, nel bene e nel male.
Ma per l’Italia, e per l’Europa, la sfida sarà capire come regolare, integrare e – laddove necessario – arginare questo colosso, per garantire concorrenza leale, tutela dei lavoratori e sovranità economica.