Spazio & Fisica

Baby boom stellare nei quasar ultra luminosi

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Sono sedici e sono tra i quasar più luminosi che si conoscano: la radiazione emessa da queste remote galassie è centinaia di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di volte quella del nostro Sole ed è prodotta dai buchi neri supermassicci che risiedono al loro centro. Il nuovo studio su questi veri e propri mostri cosmici rivela ora anche una nuova e inattesa proprietà: il tasso di formazione stellare, ovvero il ritmo con cui si formano nuove stelle è vertiginoso, arrivando fino a quattromila nuovi soli ogni anno. In confronto, nella nostra galassia, la Via Lattea, ogni anno si accende appena una stella di taglia solare.

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I sedici quasar sono stati selezionati dal catalogo WISSH (WISE-SDSS Selected Hyper-luminous quasars) basato sulle campagne osservative SDSS, 2MASS e con dati delle missioni spaziali WISE ed Herschel. I buchi neri che risiedono all’interno di queste galassie hanno masse comprese tra 3 e 60 miliardi di volte quelle del nostro Sole, valori che li collocano ai primi posti tra i più massivi mai scoperti. L’indagine condotta dal team si è concentrata nell’analisi della emissione nell’infrarosso di queste sorgenti. L’emissione infrarossa nei quasar è tipicamente dovuta a polvere riscaldata dalla radiazione emessa dal buco nero centrale e dalle stelle calde giovani distribuite nella galassia. Dallo studio accurato di tale emissione è possibile derivare il numero di nuove stelle che forma la galassia.

“Quello che abbiamo scoperto è che queste sorgenti non solo hanno proprietà nucleari ‘estreme’ ma anche le caratteristiche della galassia ospite sono assolutamente fuori dall’ordinario” dice Federica Duras, prima autrice dell’articolo, dottoranda dell’Istituto Nazionale di Astrofisica a Roma e dell’Università Roma Tre. “Queste galassie formano stelle ad un ritmo elevatissimo, tra i 1000 e i 4000 soli all’anno. Questi tasso di formazione stellare è semplicemente stupefacente. Le galassie normali, le cosiddette galassie di main sequence normalmente formano decine fino a centinaia di soli l’anno. La nostra galassia, in confronto, appena uno” aggiunge Angela Bongiorno, dell’INAF di Roma.

Questi oggetti, che si trovano a enorme distanza da noi – il più remoto è stato osservato a 12,5 miliardi di anni luce da noi, e la sua luce è stata emessa quando l’universo aveva meno di un miliardo di anni – rappresentano una fase peculiare dell’evoluzione delle galassie più massicce: nel loro nucleo si trovano quasar con luminosità estreme e producono stelle ad un tasso elevatissimo. “La cosa eccezionale di questi oggetti è che ci forniscono un’istantanea di una fase fondamentale nella vita delle galassie che ospitano nei loro nuclei i buchi neri più massicci dell’Universo, ossia quella in cui la loro straordinaria attività è in grado di influenzare in modo determinante le riserve di gas da cui si formano nuove stelle” sottolinea Enrico Piconcelli, dell’INAF di Roma, che ha partecipato al lavoro. Sorgenti di questo tipo sono state già studiate in passato. Però, data la loro estrema luminosità nucleare, è sempre stato difficile discriminare il contributo nucleare da quello di formazione stellare galattica.

“Grazie a un set di dati molto ampio, con osservazioni dal lontano infrarosso alla banda visibile e metodi innovativi di analisi, siamo riusciti a stimare accuratamente il contributo dell’attività nucleare e della formazione stellare alla luminosità totale della galassia” aggiunge Duras. “La componente di radiazione ‘calda’ che troviamo in queste sorgenti sembra essere una caratteristica legata alle loro proprietà’ estreme. In particolare potrebbe essere dovuta ad un riscaldamento ‘straordinario’ della polvere intorno al buco nero che è assente nei quasar normali”. Sorgenti con proprietà estreme come quelle studiate dal team WISSH sono molto rare e costituiscono il banco di prova ideale per lo studio del cosiddetto meccanismo di feedback, ovvero l’influenza che esercita l’attività del buco nero al centro della galassia ospite, che avviene su scale molto piccole, dell’ordine di qualche anno luce, sull’evoluzione dell’intera galassia, che tipicamente ha dimensioni di varie migliaia di anni luce.

Lo studio è stato condotto all’interno del progetto WISSH che vede impegnati i ricercatori dell’Istituto Nazionale di Astrofisica di Roma Angela Bongiorno e Enrico Piconcelli, Fabrizio Fiore e diversi studenti di dottorato e post-doc, con la collaborazione di colleghi dell’INAF di Firenze, Trieste e Bologna e viene pubblicato sulla rivista Astronomy & Astrophysiscs nell’articolo The WISSH quasars Project: II. Giant star nurseries in hyper-luminous quasars di F. Duras, A. Bongiorno, E. Piconcelli, S. Bianchi, C. Pappalardo, R. Valiante, M. Bischetti, C. Feruglio, S. Martocchia, R. Schneider, G. Vietri, C. Vignali, L. Zappacosta, F. La Franca, e F. Fiore

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